Il Giappone nel Sud-Est asiatico

RISE vol. 5 n. 3

Il Sud-Est asiatico è un’area geografica di grande importanza per il Giappone. Dal punto di vista economico, l’ASEAN è il principale partner commerciale di Tokyo dopo la Cina e gli Stati Uniti, nonché uno dei centri nevralgici delle catene globali del valore per fornitori e reti di imprese giapponesi. Negli ultimi anni, come ha dimostrato il recente summit bilaterale tra il Giappone e l’ASEAN, l’attenzione nipponica verso la regione è suscitata dalla volontà di controbilanciare la presenza cinese nelle reti infrastrutturali e dalla necessità di incrementare le relazioni politiche e culturali.

La presenza giapponese nel Sud-Est asiatico risale agli anni Quaranta del secolo scorso, quando Tokyo promosse la “Sfera di coprosperità della Grande Asia Orientale”, un progetto che – solo nelle intenzioni – avrebbe dovuto creare una comunità regionale fondata su uno spirito di fratellanza e sulla mutua cooperazione. Se dopo il 1945 il Sud-Est asiatico si rivelò un’importante fonte di materie prime necessarie alla ripresa economica, oggi l’interesse verso la regione assume una valenza politica nel quadro della strategia giapponese volta a rendere “libera” e “aperta” la grande area dell’Indo-Pacifico.

In questo numero, RISE esamina le relazioni bilaterali sotto diversi aspetti. Si parte con un’analisi dello stato attuale dei rapporti commerciali con alcuni Paesi ASEAN – Myanmar, Thailandia e Viet Nam – e dei progetti di investimento del Giappone verso il Sud-Est asiatico posti in alternativa a quelli cinesi, che fanno leva prevalentemente sul fattore tecnologico – una strategia che pare aver riscosso successo. In particolare, il Myanmar rappresenta uno snodo fondamentale del cosiddetto “pivot silenzioso verso Sud” del Giappone, concepito come un network economico e diplomatico che abbraccia l’ASEAN e che intende collegare Tokyo all’India. Infine, trova spazio un’accurata riflessione sul disinteresse dell’elettorato giapponese nei confronti delle crisi continentali – come quella dei Rohingya – che nei prossimi anni potrebbe avere ripercussioni negli affari interni ed esteri del Paese.

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