Uganda e Mali: conflitto e sicurezza in Africa

Human Security n. 3 (Marzo 2017)

Per la sua storia di insicurezza diffusa, il continente africano è sempre stato sotto i riflettori internazionali. La narrativa dominante, tuttavia, tende spesso a concentrarsi su alcuni contesti piuttosto che altri e a trascurare il ruolo di individui e strutture sociali, fornendo una lettura parziale – se non addirittura fuorviante – dei conflitti e delle tensioni che affliggono la regione. Nel tentativo di contribuire a una riflessione più ampia, questo numero di Human Security è dedicato interamente all’Africa.

Il primo fronte di conflitto preso in esame è quello dell’Uganda in cui la guerra civile ventennale combattuta nel nord del Paese tra il governo e la guerriglia guidata dal tristemente noto Joseph Kony monopolizza l’attenzione dei media e della comunità internazionale. Benché meno famosa, anche la regione occidentale del Paese è teatro di scontri e conflitti ricorrenti che affondano le loro radici nel periodo coloniale. Apre questo numero di Human Security Cecilia Pennacini, docente di Antropologia Culturale all’Università di Torino e direttrice della Missione Etnologica italiana in Africa Equatoriale. Pennacini richiama l’attenzione sulla regione del Rwenzori, al confine con il Congo, descrivendo come tanto le scelte politiche coloniali quanto quelle recenti abbiano influenzato le complesse dinamiche identitarie nell’area, alimentando tensioni e sentimenti di odio. Segue un articolo di Stefano Ruzza, docente di Conflitto, Sicurezza e Statebuilding all’Università di Torino e membro della medesima missione Etnologica, che approfondisce il quadro aperto da Pennacini richiamando la storia delle insurrezioni nel Rwenzori e legandola alle attuali politiche identitarie ed elettorali, per spiegare i cicli di violenza che ne sono discesi.

Il secondo scenario analizzato è quello maliano, caratterizzato dal susseguirsi di scontri e violenze, colpi di stato militari e insurrezioni, specialmente nel nord del Paese. La duplice crisi del 2012 e la presenza di gruppi armati tuareg-jihadisti hanno riportato il conflitto in Sahel al centro del dibattito pubblico e delle attenzioni della comunità internazionale. Nonostante il sempre maggior coinvolgimento di attori esterni, i tentativi di risposta all’instabilità del Mali hanno fallito e il Paese rischia ancora oggi di trasformarsi in uno stato fallito. Caterina Pucci, analista de Il Caffè Geopolitico, traccia la storia del Mali a partire dalla sua indipendenza ed evidenzia come l’incapacità del governo e delle istituzioni di comprendere e gestire la complessità del territorio “umano” rappresenti da sempre un forte limite alla stabilità del Paese. L’articolo seguente, a firma di Edoardo Baldaro, dottore di ricerca presso la Scuola Normale Superiore, affronta la crisi del 2012 sfidando l’interpretazione dominante che vede il Mali come una “vittima” del terrorismo di matrice islamica e ponendo invece l’accento sulle dinamiche che hanno generato la rottura del patto sociale su cui si era retta la democrazia maliana.

Chiude questo numero di Human Security una riflessione di Gearoid Millar, docente di Sociologia presso l’Institute for Conflict, Transition, and Peace Research dell’Università di Aberdeen, sul fallimento delle istituzioni nel soddisfare le aspettative dei cittadini e offrire esperienze positive di giustizia e sicurezza. Fenomeno che, purtroppo, rappresenta una debolezza di molti processi di ricostruzione post-conflitto nel contesto africano odierno.

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