Perché istituzioni di sicurezza efficaci non sono sinonimo di esperienza di sicurezza

Forze armate, polizia e sistema giudiziario sono istituzioni fondamentali per la governance pacifica ed è per questa ragione che, specialmente al termine dei conflitti, vengono destinate così tante risorse economiche e umane alla riforma del settore della sicurezza (Security Sector Reform, SSR). La riscrittura di costituzioni e leggi, l’istituzione (o riforma) di tribunali e sistemi penitenziari, la riorganizzazione dell’esercito, il riaddestramento e il ridispiegamento delle forze di polizia sono tutti processi che mirano a ristabilire le istituzioni responsabili della sicurezza. Si può dare per scontato che la presenza di un esercito capace, di poliziotti competenti e di corti affidabili facciano sentire le persone più sicure? Detto altrimenti: quanto l’esperienza che la gente ha della sicurezza dipende dalla riforma istituzionale della medesima?

Nel contesto africano odierno, molti processi di ricostruzione post-conflitto costituiscono ex-novo istituzioni che non producono una esperienza positiva di sicurezza. Anzi, esse sono spesso percepite come inefficaci o talvolta addirittura come causa di maggiore insicurezza. Esistono varie ragioni alla base di questo fenomeno, alcune meglio comprese di altre. È tristemente vero, infatti, che tanto la tutela giuridica quanto la protezione fornita dalla polizia sono distribuite in modo eterogeneo all’interno di società profondamente diseguali. In molte delle società africane che escono da una situazione di conflitto tali servizi di sicurezza e tutela possono essere di fatto privatizzati da chi possiede risorse e potere e, di conseguenza, fallire nel garantire pari tutela e protezione a tutti. Queste dinamiche sono dunque rafforzate in situazioni post-conflitto dove le continue preoccupazioni in materia di sicurezza servono a legittimare l’uso di compagnie di sicurezza private e il dispiegamento di forze miliari e di polizia a tutela di interessi particolari, come ad esempio quelli di società multinazionali.

Vi sono tuttavia anche spiegazioni meno intuitive al fallimento delle istituzioni nell’offrire esperienze positive di giustizia e sicurezza. Questo articolo prende in esame la disgiunzione e il disallineamento fra i concetti di riferimento tra coloro che creano le istituzioni e coloro che dovrebbero beneficiarne. Nello specifico, ci si concentrerà sulle istituzioni progettate, finanziate e amministrate da organizzazioni internazionali di ispirazione occidentale come le Nazioni Unite, la Banca Mondiale e l’Unione Europea; da agenzie nazionali di sviluppo come la statunitense USAID, l’inglese DFID o l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo; o da organizzazioni non governative internazionali, incluse le organizzazioni per i diritti umani e quelle di ispirazione religiosa coinvolte in attività di peacebuilding post-conflitto come Caritas Internationalis.

Queste organizzazioni giocano un ruolo determinante nella riforma del settore della sicurezza nelle società post-conflitto. È però importante sottolineare che, salvo poche eccezioni, le politiche e le prassi di tali organizzazioni sono guidate e disciplinate da idee e concetti propri di una specifica tradizione e di un determinato approccio alla sicurezza, che influenzano la natura e la forma delle istituzioni proposte per risolvere i dilemmi presenti nelle società post-belliche. In definitiva, la concettualizzazione che viene fatta di “sicurezza” disciplina e condiziona la creazione delle istituzioni responsabili della sicurezza, non sorprendentemente dato che la pratica è sempre guidata dalla teoria. Tuttavia, quando la pratica si concretizza in società fortemente dissimili da quelle in cui ha avuto origine la teoria, il disallineamento che ne deriva può significare che l’esperienza fornita dalle istituzioni sia diversa dal previsto e anche negativa.

In questo senso le istituzioni possono essere viste come la materializzazione di concetti e idee dominanti nelle società che le hanno costituite. Se le istituzioni che devono generare sicurezza sono basate sugli stessi concetti che alimentano anche l’aspettativa di sicurezza, allora le istituzioni avranno effetti prevedibili e positivi. Le istituzioni che in Occidente si occupano di sicurezza sono giudicate positivamente dagli occidentali poiché coerenti con l’idea di sicurezza che c’è in Occidente.

Coerenza fra istituzioni e aspettative

I problemi sorgono quando tali istituzioni vengono create in società con concezioni diverse di autorità, legittimità, giustizia e protezione. In tali casi, infatti, vi sarà un disallineamento tra istituzioni e aspettative.

Incoerenza fra istituzioni e aspettative

Il variegato contesto africano fornisce numerose prove di come aspettative diverse di sicurezza contribuiscano a creare diverse pratiche e istituzioni di sicurezza. Ad esempio, la pluriformità di sistemi giuridici, formali e informali, mette in evidenza questo aspetto in tema di giustizia. In maniera analoga, la diffusione e l’importanza dei sistemi di potere patriarcali dà prova delle diverse concezioni esistenti di autorità e legittimità. Ciò che forse colpisce maggiormente è come l’Africa rurale si affidi diffusamente a una varietà di sciamani, medici tradizionali o altre autorità spirituali per proteggere la popolazione locale da minacce e forze maligne invisibili. Si tratta in tutti i casi di pratiche che si distanziano considerevolmente dalle concezioni di sicurezza preminenti nelle società occidentali.

Concezioni alternative della sicurezza creano aspettative che le istituzioni di sicurezza, così come immaginate in questa parte di mondo, sono scarsamente equipaggiate ad affrontare, anche quando depurate da problemi di cooptazione, corruzione ed accesso ineguale. In Africa si sono sviluppati sistemi giuridici alternativi proprio perché quelli ideati dalle società occidentali non sono riusciti a colmare il divario tra i concetti di sicurezza e giustizia occidentali e quelli propri del contesto in cui dovevano applicarsi. I sistemi allogeni possono quindi funzionare parallelamente agli approcci locali alla giustizia, ma non riescono a integrarsi a questi ultimi. Inoltre, neppure eserciti e forze di polizia perfettamente funzionanti e trasparenti hanno i mezzi per proteggere gli individui, le famiglie e le comunità da forze occulte o da spiriti maligni, spesso considerati propulsori primari di attività criminali, atteggiamenti ostili o conflitti violenti.

I concetti che stanno alle fondamenta di una data visione di società sono gli stessi che originano istituzioni adatte alla gestione di quella visione. Sono inoltre quelli che forgiano le aspettative sul funzionamento e sullo scopo delle istituzioni. Quando queste ultime vengono create nella stessa società in cui è nato il concetto su cui si basano c’è una coerenza naturale tra istituzione e aspettative. Quando invece le istituzioni sono esportate oltre i confini nazionali e impiantate in culture diverse – anche se con le migliori intenzioni – si crea una disgiunzione e un disallineamento fra aspettative e istituzioni. Questa incoerenza può quindi risultare non solo in esperienze inaspettate ma anche negative. Le istituzioni responsabili della sicurezza sono esposte a tali criticità tanto quanto le altre. È quindi necessario riflettere attentamente sulle intenzioni degli interventi e sulla possibile incoerenza tra istituzioni e aspettative.

Per saperne di più:

Millar, G. (2014), “Disaggregated Hybridity: Why hybrid institutions do not produce predictable experiences of peace”, Journal of Peace Research, 51(4), pp. 501-514.Disponibile su: https://doi.org/10.1177/0022343313519465

Millar, G. (2013), “Expectations and Experiences of Peacebuilding in Sierra Leone: Parallel peacebuilding processes and compound friction”, International Peacekeeping, 20(2), pp. 189-203. Disponibile su: http://dx.doi.org/10.1080/13533312.2013.791564

Millar, G., van der Lijn, J. and Willemijn, V. (2013), “Peacebuilding Plans and Local Reconfigurations: Frictions between imported processes and indigenous practices”, International Peacekeeping, 20(2), pp. 137-143. Disponibile su: http://dx.doi.org/10.1080/13533312.2013.791556

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