[Yìdàlì 意大利] Crisi del debito e crisi libica: la Cina ci osserva

Crisi del debito pubblico italiano e questione libica: a sentire le domande che i giornalisti cinesi rivolgevano al ministro degli Esteri Franco Frattini durante la sua visita del luglio scorso, sembrava che del Belpaese, ai media di Pechino e Shanghai, interessasse poco altro. A due mesi di distanza – e con la drastica accelerazione che gli eventi hanno subito su entrambi i fronti – giornali e tv di Pechino tornano a dedicare spazio all’Italia, soprattutto in relazione a questi due argomenti.

Se qualcuno pensava che le testate della Rpc avrebbero mantenuto un atteggiamento accondiscendente nei confronti di un ministro straniero in visita – magari per un malinteso senso dell’etichetta – si è presto dovuto ricredere: i media cinesi hanno incalzato il titolare della Farnesina con toni cortesi ma fermi.

Nell’intervista concessa il 18 luglio scorso all’agenzia di stato Xinhua, ad esempio, la giornalista Wei Wei ha più volte chiesto conto al ministro degli Esteri della manovra che il Parlamento italiano doveva approvare in quei giorni e degli effetti che avrebbe avuto sulla crisi del debito pubblico europeo. “Il problema economico è passato? O le preoccupazioni su una mancata approvazione del pacchetto di misure economiche entro il 2014 a causa della sua impopolarità sono fondate?” chiedeva anche Xiaonan Zhang della CCTV. “La situazione in Italia è differente da quella dei paesi che hanno ottenuto il salvagente europeo – aveva replicato Frattini, in una dichiarazione alla quale molti giornali cinesi hanno dato grande risalto – e gli attacchi rivolti al sistema bancario italiano sono privi di ogni fondamento”.

Il quotidiano Global Times – che spesso si contraddistingue per le ruvide posizioni assunte sulle questioni internazionali – riferiva come Frattini avesse escluso la possibilità di inviare truppe di terra in Libia, “invocando una pronta soluzione politica alla crisi”, ma non mancava di ricordare l’appoggio italiano ai raid di Francia e Gran Bretagna rivolti contro un ex alleato.

Che cosa scrivono oggi i giornali di Pechino e dintorni, mentre il regime di Gheddafi sembra ormai definitivamente crollato e dopo che ad agosto gli investitori hanno ripetutamente bocciato il debito pubblico italiano, facendo sprofondare la Borsa di Milano e costringendo Roma ad adottare nuove misure di austerità?

“Il piano italiano difficilmente placherà i timori dei mercati” titolava l’agenzia Xinhua. “Il programma di austerity da 45,5 miliardi di euro, che va ad aggiungersi a un precedente piano da 70 miliardi, può aiutare la crescita, ma non aumenterà la fiducia degli investitori”, si legge nell’articolo. “Si stima che quest’anno l’economia italiana crescerà solo dell’1%, mentre la Banca centrale ha reso noto che a giugno il debito pubblico ha raggiunto quota 1.900 miliardi di euro. Da anni la società e l’economia italiana sono in fase di stagnazione, milioni di giovani sono disoccupati e molti pensionati si sono impoveriti”.

In un altro recente articolo, stavolta dedicato alla crisi libica, la stessa Xinhua ricorda che l’Italia è stata “un partner riluttante nella missione militare della Nato ma ora che il conflitto sembra volgere al termine è in prima fila per ristabilire le forniture di gas e petrolio”. “In qualità di ex dominatore ai tempi del colonialismo l’Italia poteva vantare forti legami economici con la Libia – continua l’agenzia di Stato – ed era il più importante partner commerciale della nazione nordafricana prima dello scoppio delle rivolte del febbraio scorso. Nell’incontro con il leader del Consiglio Nazionale di Transizione Mahmoud Jibril, il premier Silvio Berlusconi ha promesso di fornire 350 milioni di euro di aiuti al nuovo governo libico”.

La Cina si aspettava un maggiore impegno italiano per una soluzione politica della crisi libica, sostiene off the record una fonte vicina al ministero degli Esteri di Pechino. E Pechino guarda all’Italia anche per l’adozione di misure che evitino un allargamento della crisi del debito pubblico europeo.

In questo periodo, insomma, i media cinesi scrutano il nostro paese e i nostri leader con particolare attenzione. Peccato non godere della reciprocità, e poter rivolgere domande altrettanto franche ai funzionari di Pechino quando si trovano a visitare l’Italia.

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