Classe media alla ribalta

Mentre il malessere del ceto medio nelle società avanzate si fa sempre più acuto, nei paesi emergenti il sogno di entrare a far parte delle classi medie si sta affermando come prioritario non solo nei desideri collettivi, ma anche nella visione politica dei governi. In Cina, in particolare, la creazione di una consistente classe media si è affermata come un’esigenza prioritaria. A conclusione del XVI Congresso del Partito nel 2002, l’allora Segretario generale del Pcc Jiang Zemin indicò – segnando un passaggio rivoluzionario – nell’“espansione del gruppo dal reddito medio” un obiettivo centrale del governo.

Durante il trentennio maoista (1949-1978), segnato da una politica di de-stratificazione sociale, la classe media non ha potuto trovare né spazio né legittimazione pubblica. Dall’avvio del programma di “Riforma e Apertura” (gaige kaifang, 改革开放) fino al 2002, la leadership ha evitato esplicite analisi di classe, limitandosi a riaffermare le vecchie retoriche: nel 1989 Jiang dichiarò che “la classe lavoratrice ha bisogno del Partito e il Partito ha bisogno della classe lavoratrice”, mentre nel 1990 Deng Xiaoping affermò che “non permetteremo che una nuova borghesia si formi”.

Anche oggi la linea politica è prudente. Si evitano riferimenti espliciti a un concetto – la classe media – carico di significato ideologico. A riconferma di ciò, la prima tra le visioni politiche espresse sia nel comunicato ufficiale sia nella decisione diffusi a chiusura del recente Terzo Plenum del XVIII Comitato centrale, è stata formulata come segue: “di fronte alle nuove sfide e circostanze, per poter costruire in modo completo una società moderatamente prospera (xiaokang shehui, 小康社会) è necessario attuare riforme comprensive partendo da un nuovo punto storico”.

Nella lettura del sociologo Lu Hanlong, il termine xiaokang (小康) esprime il desiderio di una società dove sia presente una consistente classe media. L’ideale di una società xiaokang, descritto nel Libro dei riti (Liji, 礼记) – classico testo confuciano dove 礼 li significa “ordine sociale” – ha rappresentato il modello culturale e la giustificazione teorica alla base delle riforme economiche avviate da Deng negli anni Ottanta. Al contrario di datong (大同), società utopistica alla cui realizzazione s’ispirava la politica di Mao, xiaokang esprime una società realistica, dove uno stato di benessere moderato, che si accompagna a una condizione di stabilità sociale, è diffuso in una società diseguale. Nelle parole dell’ex-primo ministro Wen Jiabao, xiaokang rivela una società dove le persone possono ricevere un’educazione, sono pagate attraverso il proprio lavoro, hanno accesso a un welfare minimo, possiedono una casa e abbastanza cibo e vestiti da condurre una vita confortevole.

A livello linguistico, esistono una pluralità di modi attraverso cui esprimere la nozione di classe media: zhongjian jieceng (中间阶层), zhongjian jieji (中间阶级), zhongchan jieceng (中产阶层), zhongchan jieji (中产阶 级). La prima importante osservazione riguarda i caratteri 阶层 ( jieceng) e 阶级 ( jieji). Come rileva David Goodman, tra i maggiori esperti in materia, si usa il termine strato medio ( jieceng), ma ciò di cui si parla è classe media ( jieji). Questa mancanza di chiarezza di natura ideologica può generare confusione. A tal proposito, parte della letteratura cinese ha affermato come non vi sia differenza tra classe media o ceto dal reddito medio in quanto diciture interscambiabili. La seconda osservazione muove da 产 (chan) e 间 ( jian), dove il primo termine enfatizza un senso di proprietà o di diritti di proprietà (chanquan, 产权), mentre il secondo rafforza l’idea di uno strato di mezzo già espressa da 中 (zhong). A tal proposito, Li Zheng e Luigi Tomba osservano come la proprietà che si materializza nel consumo nel settore dell’housing possa ritenersi una forma di consumo identitaria della nuova classe media.

L’oggetto di analisi appare sfuggente. Goodman adotta il concetto di middle classes, impiegando il plurale per meglio esprimere l’eterogeneità propria del fenomeno. Inoltre, i diversi autori spesso adottano lemmi differenti per esprimere indistintamente classe media o ceto medio, senza fare distinzione tra i due concetti. Ai termini sopra indicati si aggiungono “gruppo dal reddito medio” (zhongjian shouru qunti, 中间收入群体) o “strato dal reddito medio” (zhongdeng shouru jieceng, 中 等收入阶层, o ancora zhongjian shouru jieceng, 中间收入阶层). Li Qiang, sociologo dell’Università Tsinghua, ritiene che i concetti di classe e di status sociale non diano una rappresentazione appropriata della società cinese contemporanea: il nuovo strato intermedio è piuttosto un “gruppo di interesse” (liyi qunti, 利益群体) dove tuttavia non si è ancora verificata un’integrazione di interessi tale da evolversi in una classe sociale. In questa direzione sembra porsi l’analisi di Wang Feng, che ribadisce “l’assenza di qualsiasi coesione di classe, elemento esistente invece nei gruppi d’interesse o nelle organizzazioni datoriali o dei lavoratori, quali imprese di Stato, amministrazione pubblica, aziende”.

Nel contesto cinese, l’ascesa della classe media – in qualsiasi modo la si voglia intendere – si è sviluppata come risposta a una serie di bisogni di natura economica e politico-sociale. In un’economia cinese che sempre più guarda alla domanda interna quale motore della crescita per avviarsi definitivamente verso l’era del consumo di massa, alla classe media è demandato di consumare contribuendo così al sogno cinese (Zhongguo meng, 中国梦).

Da un punto di vista sociale, l’interesse politico per la classe media si muove lungo la linea retorica del mantenimento della stabilità e armonia sociale: in una situazione di crescente disagio sociale, un paese con una consistente classe né ricca né povera si presenta non solo come meno polarizzato, ma anche come più giusto. Infatti, il passaggio da un sistema redistributivo a uno di mercato ha portato con sé mutamenti importanti rispetto ai canali di accesso alle risorse e alla modalità di distribuirle. In un sistema non-pianificato, secondo Li Lulu, esperto cinese di classe media, “lo status di ogni individuo dipende da una complessa e caotica gamma di fattori, fra i quali in primis spiccano il mercato, il livello di istruzione, l’ambiente e le relazioni familiari, elementi che nel precedente ordine occupavano un ruolo secondario. Il criterio decisivo nel precedente sistema era senza dubbio il ‘prestigio politico’ attribuito dalle autorità dello Stato a una data classe”.

Questi cambiamenti sono risultati in uno stravolgimento della configurazione della struttura sociale, con il proletariato e la massa di contadini – le forze progressiste e legittime della Cina dell’epoca maoista – agli ultimi posti della piramide sociale. In questo contesto, la classe media si presenta, nelle parole adottate dall’Accademia cinese di Polizia, come “forza politica necessaria alla stabilità e forza rigenerativa di produzione”. Per questo, è molto importante comprendere “come la classe lavoratrice percepisca se stessa rispetto all’ideale di una società xiaokang”.

Questo articolo è tratto dal contributo preparato dall’autrice per Biblioteca della Libertà, anno XLVIII, n. 208, settembre-dicembre 2013.

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