[Yìdàlì 意大利] Intervista ad Alberto Bradanini, ambasciatore d’Italia presso la Repubblica Popolare cinese

La visita del presidente del Consiglio Matteo Renzi in Cina è stata l’occasione per la firma di numerosi accordi commerciali e di partnership tra aziende italiane e cinesi durante il primo Business Forum Italia-Cina. L’Italia di Matteo Renzi apre alla Cina nei settori di punta, quelli dei cosiddetti “cinque pacchetti” di cooperazione tra Roma e Pechino che riguardano i settori delle tecnologie verdi e dello sviluppo sostenibile, dell’agricoltura e sicurezza alimentare, dell’urbanizzazione sostenibile, della sanità e dei servizi sanitari, dell’aviazione e dell’aerospazio.

AgiChina24 ha chiesto all’ambasciatore d’Italia presso la Repubblica popolare cinese, Alberto Bradanini, un giudizio sulla duegiorni di visita in Cina del presidente del Consiglio e sulla possibile evoluzione dei rapporti tra i due paesi alla luce degli ultimi accordi.

  • Come giudica l’esito del Business Forum Italia-Cina che si è svolto la scorsa settimana durante la visita in Cina del presidente del Consiglio Matteo Renzi?

Il Business Forum è uno strumento nuovo, prima inesistente, e decisamente utile, a determinate condizioni. Ha un grande potenziale che deve essere però messo a regime da un sistema bene organizzato: questo vale soprattutto per la parte italiana. Lo sfondo dei rapporti economici e commerciali tra Italia e Cina è molto semplice: noi siamo i demandeur, e la Cina è beneficiaria, in questo momento, di un contesto di relazioni che si sono consolidate nel tempo, sia sul piano degli investimenti che sul piano del commercio, e genera appunto benefici prevalentemente per il sistema cinese, o comunque più per il sistema cinese che per l’Italia. Noi dobbiamo riequilibrare questo rapporto, ridurre le asimmetrie, e nello stesso tempo, beninteso, crescere ancora di più in intensità. Il Business Forum è uno strumento eccellente da questo punto di vista, ma presuppone un’organizzazione retrostante.

  • Quali sono i prossimi passi in questo percorso?

Business Forum significa mettere insieme il gotha dell’economia e della finanza italiana per lavorare in termini concreti e progettuali sulla Cina. Ci vuole, per raggiungere questo obiettivo, un luogo di raccordo istituzionale tra imprese e governo, tra enti locali ed enti centrali e una pianificazione delle azioni di rafforzamento della presenza italiana in Cina e verso la Cina, che utilizzi gli strumenti che abbiamo firmato con il governo cinese di recente, come il Piano triennale di azione e il documento prospettico firmato dal ministro del Commercio cinese, Gao Hucheng, e dal ministro per lo Sviluppo economico, Federica Guidi. Tutti questi strumenti sono utilizzabili per raggiungere il fine che ci poniamo, a condizione che ci sia una direzione dall’alto.

  • Nei giorni scorsi è stata annunciata la possibilità per i turisti cinesi di avere il visto in 36 ore. Quali conseguenze prevedete in termini di aumento di turisti cinesi nel nostro paese?

Naturalmente ci saranno ricadute positive. I cinesi, spesso, decidono sulla base della rapidità dei tempi di concessione del visto. Da notare, comunque, che il tempo di 36 ore si riferisce esclusivamente ai visti individuali per affari, per turismo o per altre ragioni, e non ai visti turistici di gruppo, che sono quelli che rappresentano il bulk del rapporto turistico Cina-Italia. È un elemento di evidenza che mostra come le strutture dello Stato abbiano fatto il loro dovere per quanto riguarda il funzionamento dei servizi consolari e dei visti. Però la promozione turistica presuppone, ancora una volta, un’organizzazione di sistema, e quindi una gestione della promozione turistica italiana in Cina che in questo momento non è sufficiente.

  • A che punto sono i rapporti tra Italia e Cina dopo la visita del presidente del Consiglio?

Sul piano politico, eccellenti. Sul piano economico, necessitano di una messa a punto, perché ci sono queste asimmetrie molto pesanti, con un deficit commerciale per l’Italia di 13-15 miliardi di euro, che è molto rilevante. Gli investimenti italiani in Cina sono di altri 13- 15 miliardi di euro contro investimenti cinesi in Italia del valore di uno o, al più, due miliardi di euro. Ci sono poi problemi per quanto riguarda il trasferimento di tecnologie, che procede pressoché a senso unico, mentre permangono significative barriere di accesso ai danni di prodotti italiani e contenziosi importanti nel settore della tutela della proprietà intellettuale. Insomma, abbiamo delle problematiche importanti che sono state affrontate, ma non risolte. Abbiamo fiducia nel fatto che questo stato di squilibri appena citati, nei prossimi mesi e nei prossimi anni possa essere ridotto o fortemente ridotto, dopo la visita del presidente Renzi e il documento firmato dai ministri Guidi e Gao, che indica campi di collaborazione concreta. Il presidente Renzi ha usato, nelle dichiarazioni finali del Business Forum, la metafora della tartaruga e del cavallo per indicare le diverse velocità a cui corrono i due paesi, dichiarando che i Medici nella Firenze del Quattrocento avevano messo una vela sopra la tartaruga per farla andare più veloce.

  • Quali vele dovremmo montare per ridurre lo svantaggio e riequilibrare i rapporti tra i due paesi?

Nel rapporto Italia-Cina ci sono alcune questioni che dipendono dalla Cina, altre che rinviano ai diversi contesti internazionali, e altre ancora che sono legate a nostre scelte. Come abbiamo detto, per quanto riguarda la Cina, occorre che Pechino apra maggiormente il proprio mercato. Riteniamo che ci siano barriere improprie che debbano essere rimosse. Serve inoltre un atteggiamento più attivo favorevole all’ingresso delle piccole e medie imprese, che sono la parte più importante della nostra industria e della nostra economia. Vi sono delle criticità che dipendono da contesti internazionali, come, per esempio, la politica commerciale nei confronti della Cina, che è determinata dall’Unione europea, non dai singoli paesi membri. L’auspicio è che possa essere prestata la massima attenzione alle nostre priorità, che sono le piccole e medie aziende, che hanno una problematica diversa dai grandi gruppi, che investono qui e hanno un rapporto bi-univoco di scambio più facile, anche sotto il profilo tecnologico, e di beneficio reciproco con la Cina.

Poi ci sono ambiti che dipendono da noi, a cominciare da una migliore organizzazione di sistema per quanto riguarda la presenza delle nostre imprese in Cina: ci vuole una cabina di regia all’interno delle istituzioni per governare tutte queste diramazioni che ormai abbiamo creato, perché possano diventare efficienti, e tramutarsi in azioni concrete, come progetti e contratti. Questo dipende dal governo, che lo può fare o meno: finora non è stato fatto. Il mio auspicio, come ho detto anche al presidente Renzi e al ministro Guidi, è che questo si faccia, altrimenti la nostra presenza rischia di essere precaria, episodica e scoordinata. Ci sono poi anche altri aspetti che dipendono da noi, come l’attrazione di investimenti cinesi in Italia. Noi dobbiamo rendere l’ambiente economico e industriale italiano amico delle imprese, nel rispetto dei diritti dei lavoratori. Il sistema amministrativo deve essere agile nel concedere le licenze che servono per fare partire una fabbrica o per acquisire un’azienda esistente; ci deve essere trasparenza nelle norme; ridurre al massimo i tentativi di corruzione; serve una gestione attiva che capisca i bisogni dell’investitore e prenda per mano i cinesi che magari per la prima volta si affacciano sul mondo occidentale e sono persi. In altri paesi europei esistono strutture dedicate che riescono ad anticipare i bisogni degli investitori e a risolvere i loro problemi, come quello dei figli che devono andare a scuola, o il problema della lingua cinese, la vita in un ambiente totalmente diverso… anche qui dobbiamo essere organizzati. Ormai la competizione è una competizione di sistemi, non tra aziende, o tra gruppi, anche grandi. È il sistema che deve funzionare, altrimenti il lavoro delle aziende è compromesso.

  • In questo senso, pensa che Expo Milano 2015 possa essere una cartina di tornasole di questo processo?

Expo Milano 2015 è un’occasione straordinaria per promuovere l’Italia e per permettere all’Italia di rinsaldare legami di amicizia nel mondo, a partire dalla Cina. La Cina viene a Milano per mostrare i propri successi al mondo: la dobbiamo aiutare. E questa sua presenza, che è la più articolata tra tutti i paesi partecipanti, attraverso tre padiglioni, è una presenza che deve ottenere sostegno e avere successo. Dobbiamo dialogare in maniera attiva perché non ci siano criticità. È poi un’occasione per promuovere la nostra visione del mondo, i nostri settori di forza, dall’eno-gastronomico fino al turismo, all’industria e alla tecnologia, perché l’Italia non è soltanto le tre F ( fashion, furniture e food), ma è essenzialmente industria e tecnologia. Per quanto riguarda l’Expo, questa è un’occasione per presentare l’Italia nella sua giusta dimensione anche per quanto ci riguarda, qui, a Pechino, nei confronti della Cina. In quei sei mesi dobbiamo interagire su molto fronti, in chiave bilaterale, guardando al futuro, per individuare un percorso che potrebbe avere ulteriori sviluppi.

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