Alla ricerca di una nuova rotta? Stati Uniti e ASEAN nel “secolo del Pacifico”

Introduzione

Il rinnovato interesse statunitense per il teatro del Pacifico risale al processo di riorientamento strategico avviato dell’amministrazione di Barack H. Obama nel corso del suo primo mandato (2009-2013). Sullo sfondo dell’ascesa politica ed economica della Cina, questo processo ha portato a un progressivo aumento del coinvolgimento di Washington negli equilibri regionali e si è tradotto – dopo l’insediamento dell’amministrazione di Donald J. Trump (2017-2021) – in un deterioramento dei rapporti con Pechino, i cui esiti sono ancora in corso. Questi sviluppi hanno caricato di valori particolari i rapporti degli Stati Uniti (USA) con i Paesi dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico (Association of South-East Asian Nations, ASEAN), valori che si sono articolati negli anni, in parallelo con gli sviluppi dello scenario strategico regionale. La natura plurale dell’organizzazione e le differenze che separano gli stati che ne fanno parte hanno influito in modo importante sullo sviluppo di una politica organica nei loro confronti. Lo stesso ha fatto, negli anni, la transizione fra le diverse amministrazioni. Per la controparte, gli alti e bassi di Washington sono stati una fonte di costante frustrazione, che si è tradotta non di rado in diffidenza riguardo alla serietà di un commitment spesso affermato ma non sempre concretizzato. Nonostante il nuovo attivismo della presidenza di Joe Biden le cose non sembrano essere cambiate, sebbene la nuova percezione della sfida cinese abbia contributo non poco ad aumentare il valore del Sud-Est asiatico agli occhi dei vertici politici statunitensi.

USA-ASEAN: un lungo rapporto fra alti e bassi

L’avvio di rapporti formali fra USA e ASEAN è datato al 1977, quando Washington assume la qualifica di “dialogue partner” dell’Associazione. È, tuttavia, dai primi anni Novanta che la cooperazione fra le parti accelera, con il lancio di programmi nei campi del commercio, investimenti, trasferimento di tecnologia, istruzione, sviluppo economico e cooperazione energetica. Nel 2008 è nominato il primo ambasciatore statunitense presso l’ASEAN; nel 2010 è istituita una missione permanente a Giacarta e nel 2011 è nominato il primo ambasciatore residente. Secondo quanto indicato dal Dipartimento di Stato, la partnership si concentra, oggi, su cinque aree: integrazione economica, cooperazione marittima, leader emergenti, empowerment femminile e sfide transnazionali. Sui temi politici e di sicurezza, la cooperazione si è concentrata soprattutto sul ruolo degli USA nel mantenimento della pace e della stabilità nella regione, sulle dispute nel Mar Cinese Meridionale e sulla minaccia terroristica. L’impegno in campo economico ha portato alla firma di un accordo-quadro sul commercio e gli investimenti (Trade and Investment Framework Arrangement), mentre la cooperazione allo sviluppo si è concentrata sullo sviluppo di capacità nei campi della tecnologia, istruzione, gestione delle catastrofi, sicurezza alimentare, diritti umani e facilitazione del commercio.

Negli anni successivi, il processo di avvicinamento è proseguito, nell’ottica del Pivot to Asia annunciato dall’amministrazione Obama alla fine del 2011. Nel novembre 2015 è siglata la US-ASEAN Strategic Partnership, mentre nel settembre successivo ̶– come parte della US-ASEAN Economic Relationship – è lanciato lo US-ASEAN Connect, volto a offrire un più solido quadro per la cooperazione fra le parti. Articolato su quattro pilastri (Business, Energy, Innovation e Policy Connect), esso mirava a fornire un orientamento strategico alle attività economiche statunitensi nella regione, al fine di integrare le varie risorse e competenze del governo e del settore privato e di offrire un approccio globale all’impegno di Washington nel Sud-Est asiatico. Alla fine del 2022, infine, nel quadro del nuovo attivismo promosso dall’amministrazione Biden, le relazioni tra USA e ASEAN sono elevate a livello di Comprehensive Strategic Partnership (CSP); un’iniziativa che, nelle intenzioni dalla Casa Bianca, dovrebbe istituzionalizzare ed espandere la cooperazione in una larga serie di aree (salute, trasporti, emancipazione femminile, ambiente e clima, energia, affari esteri, economia e difesa), “al fine di sostenere una solida attuazione dell’ASEAN Outlook on the Indo-Pacific e promuovere una regione libera e aperta che sia connessa, prospera, sicura e resiliente”[1].

La firma della CSP è stata presentata dall’amministrazione come un importante successo, soprattutto dopo la crisi di credibilità che gli USA avevano attraversato negli anni della presidenza Trump. La decisione, assunta tre giorni dopo l’insediamento, di portare il Paese fuori dalla Trans-Pacific Partnership (TPP) era stata solo l’anticipazione di una politica “neo-unilateralista” che avrebbe avuto impatti diretti sia sui Paesi ASEAN, sia sulla percezione del ruolo di Washington nella regione. Negli anni successivi, la politica commerciale aggressiva dell’amministrazione non ha alimentato né fiducia né buoni sentimenti; anzi le sue scelte sono state viste come un pericoloso precedente in tema di violazione delle regole globali e di distorsione del commercio internazionale – un precedente potenzialmente pericoloso per un’area come il Sud-Est asiatico fortemente dipendente dal commercio. Nello stesso senso ha spinto l’ostilità dell’amministrazione Trump per le istituzioni multilaterali, che i Paesi del Sud-Est asiatico considerano i pilastri di un ordine internazionale basato sulle regole necessario per prevenire le perturbazioni che potrebbero metterne a rischio la prosperità. In questa prospettiva, indebolendo deliberatamente queste istituzioni, Trump non solo ha impattato sulla stabilità a lungo termine della regione, ma ne ha anche minato la fiducia nella leadership statunitense.

L’amministrazione Biden e la sfida della credibilità

Dopo un avvio incerto, dalla seconda metà del 2021, l’amministrazione Biden si è mossa attivamente per cercare di riconquistare il favore perduto, soprattutto nella prospettiva di avvicinare il blocco dei Paesi ASEAN alle proprie posizioni sulla Cina. A margine del vertice ASEAN-USA di Phnom Penh, il presidente ha definito la partnership con l’Associazione “il cuore della strategia della mia amministrazione per l’Indo-Pacifico”[2]. La sua stessa presenza al vertice ha costituito un significativo segnale di attenzione, rafforzato dall’annuncio della firma della CSP e dal suo collocarsi in un quadro di relazioni diplomatiche fortemente rafforzate. Biden ha partecipato personalmente, oltre che al vertice di Phnom Penh, al vertice del G20 di Bali, mentre la vicepresidente Kamala D. Harris ha partecipato al vertice APEC di Bangkok. Visite ad alto livello sono state svolte, inoltre, dal segretario di Stato Antony J. Blinken in Cambogia, Indonesia, Thailandia e Filippine, dal segretario alla Difesa Lloyd J. Austin in Cambogia, Indonesia e Singapore e dal vicesegretario di Stato Wendy R. Sherman in Laos, Filippine e Viet Nam. A maggio, a margine di una sessione speciale del vertice ASEAN-USA organizzata a Washington, la Casa Bianca ha, infine, annunciato impegni di spesa per centocinquanta milioni di dollari nei campi delle infrastrutture, della sicurezza e del recovery post-pandemico.

I leader del Sud-Est asiatico hanno accolto con favore questo rinnovato impegno. È, però, da capire quanto il favore espresso si tradurrà – dal punto di vista statunitense – in benefici concreti. Di fatto, la firma della CSP attesta i rapporti fra Washington e l’ASEAN allo stesso livello di quelli raggiunti fra l’Associazione e la Cina hanno raggiunto nel novembre 2021. Anche l’impegno economico della Casa Bianca è una frazione di quello annunciato da Pechino, che ha il suo “pezzo forte” nella promessa di uno stanziamento di 1,5 miliardi di dollari in tre anni per il rilancio dell’economia, la ripresa post-COVID-19 e lo sviluppo[3]. L’interscambio fra i Paesi ASEAN e la Repubblica popolare è in costante crescita e la nascita della Regional Comprehensive Economic Partnership (operativa dal 1° gennaio 2021) potrebbe rafforzare l’integrazione. Anche in questo ambito, la nascita dell’Indo-Pacific Economic Framework annunciata da Biden lo scorso maggio, appare, quindi, una mossa reattiva. Il fatto che l’IPEF non contenga disposizioni in tema di agevolazioni per l’accesso al mercato statunitense o di riduzione delle tariffe è un punto già rimarcato negativamente da alcuni membri, che preferirebbero, piuttosto, un ingresso di Washington nel CPTPP, ovvero il Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership che dal marzo 2018 rappresenta l’evoluzione della “vecchia” TPP[4].

Il punto di fondo è che, anche nei rapporti con l’ASEAN, l’amministrazione è oggi presa fra l’incudine delle necessità strategiche (che imporrebbero concessioni più generose ai potenziali partner del Sud-Est asiatico) e il martello di un’opinione pubblica interna che, complici le persistenti difficoltà dell’economia, sembra chiedere azioni sempre più forti a tutela dell’industria nazionale. Negli anni dell’amministrazione Trump, su questa posizione si è aggregato un consenso sempre più chiaramente bipartisan, che si riflette nello slogan “far funzionare il commercio a vantaggio dei lavoratori” (make trade work for workers) americani, abbracciato anche da Biden durante la campagna elettorale del 2020. Il Congresso si trova, così, ad affrontare, oggi, l’opposizione trasversale di democratici e repubblicani alla stipula di accordi commerciali che, se da un lato aprirebbero alle aziende statunitensi nuovi mercati, dall’altra darebbero a quelle straniere maggiori opportunità di accesso al portafoglio dei consumatori americani, con le ricadute che ciò comporterebbe sul piano occupazionale. Il tutto mentre la fiducia dell’opinione pubblica sugli effetti positivi del commercio estero sulla crescita è diminuita dell’8% fra i democratici e del 44% fra i repubblicani fra il 2020 e il 2022, con un significativo 35% del campione analizzato da Gallup che lo considera una minaccia all’economia nazionale[5].

Luci e ombre di un riavvicinamento complesso

Problemi simili si pongono anche nel campo della sicurezza. Una fetta importante dei Paesi ASEAN ha contenziosi aperti con la Cina e/o guarda con preoccupazione al buildup militare di Pechino. Nel quadro del loro rinnovato attivismo regionale, gli USA sembrano avere posto una crescente attenzione a questa dimensione, sottolineando in modo particolare il tema della cooperazione in campo marittimo (maritime co-operation), non a caso individuata come uno dei pilastri del rapporto con la regione già dal piano d’azione 2021-2025 per l’attuazione della US-ASEAN Strategic Partnership[6]. È recente la notizia dell’accordo siglato con le Filippine (Paese che, in passato, aveva mandato segnali della volontà di trovare con Pechino una composizione amichevole dei propri contenziosi) per ampliare le attuali possibilità di accesso alle installazioni militari del paese. Nei mesi scorsi, Washington ha inoltre annunciato l’intenzione di accrescere il suo profilo militare nella regione, oltre che attraverso il dispiegamento di nuovi assetti e personale, attraverso esercitazioni più frequenti, articolate e realistiche, rotazioni aggiuntive di truppe nelle aree che si affacciano sullo stretto di Taiwan e il Mar Cinese Meridionale ed, eventualmente, la possibilità di fornire supporto logistico in caso di conflitto che veda coinvolta la Cina, in particolare a difesa dell’autonomia di Taiwan.

La firma dell’accordo AUKUS con Australia e Regno Unito, nel settembre 2021, si inserisce nello stesso schema. È dubbio, tuttavia, che i Paesi ASEAN, nonostante i timori per l’assertività cinese, siano davvero propensi a seguire gli USA sulla strada del confronto “muscolare”. Pur accodandosi a un trend che ha visto la spesa militare nella regione (a prezzi correnti) passare dai 286,93 miliardi di dollari del 2011 ai 483,22 miliardi del 2021[7], né l’Associazione nel suo insieme, né qualcuno dei suoi membri appare in grado di influire in modo significativo sugli equilibri che si stanno delineando. Parallelamente, per l’ASEAN e per i suoi membri la Cina rappresenta un interlocutore importante, sia oggi sul piano economico, sia in futuro, su quello politico. La Cina è il primo partner commerciale dell’ASEAN dal 2009. Fra il 2010 e il 2019, gli scambi commerciali sono più che raddoppiati, passando da 235,5 miliardi di dollari a 507,9 miliardi di dollari (il 18% del totale ASEAN) e sono quasi quadruplicati dall’entrata in vigore dell’ASEAN-China Trade in Goods Agreement del 2005. Sempre nel periodo 2010-2019, le esportazioni dell’ASEAN verso la Cina sono cresciute a un tasso medio annuo del 10,4% e le importazioni dell’ASEAN dalla Cina del 12,5%, con un deficit commerciale che è passato da 10,4 miliardi di dollari nel 2010 a 102,9 miliardi nel 2019[8].

A questi vincoli “strutturali” si aggiunge una sfiducia nell’impegno statunitense che nemmeno l’attivismo dell’amministrazione Biden sembra avere scalzato. Come in altri teatri, gli alti e bassi della politica statunitense e la polarizzazione del dibattito pubblico sono visti, dai Paesi del Sud-Est asiatico, come elementi che indeboliscono la credibilità del commitment di Washington. Parallelamente, il “nuovo egoismo” delle politiche commerciali degli USA (non ultima la volontà di accorciare e internalizzare le attuali catene di fornitura, in linea con le “lezioni” apprese nei mesi della pandemia da COVID-19) segna un punto di frizione importante con interlocutori che nel commercio e nell’integrazione economica hanno il loro punto di forza. L’enfasi posta sui temi della democrazia e dei diritti umani (per quanto smorzata nel contesto del Sud-Est asiatico) tocca corde sensibili nei leader politici di vari Paesi ASEAN. Lo stesso vale per il tentativo di Washington di spingerli ad allentare la loro consolidata politica di non ingerenza e non allineamento. In diversi Paesi, l’impressione prevalente è, quindi, che l’attuale impegno della Casa Bianca nell’Indo-Pacifico sia funzionale più alla promozione degli interessi USA che di quelli della regione, e che un cambiamento di questi interessi e/o l’insediamento di una nuova amministrazione possano porre di nuovo fine a questo impegno.

Alla ricerca di una nuova rotta? Stati Uniti e ASEAN nel “secolo del Pacifico”

Conclusioni

Il sistema delle relazioni USA-ASEAN sta attraversando, oggi, una fase dagli esiti incerti, che vede soprattutto Washington impegnata nel tentativo di rilanciare un rapporto che, in passato, è stato spesso lasciato scivolare in secondo piano. Il successo di questo tentativo è, tuttavia, condizionato dal diverso approccio che le parti hanno a una lunga serie di questioni, prima fra tutte il nodo dei rapporti con la Cina. La priorità posta dagli USA sui temi della sicurezza (in particolare della sicurezza militare) lega a fatica con la postura più sfumata e non committal dei partner del Sud-Est asiatico, mentre il permanere di contenziosi territoriali fra Pechino e vari Paesi ASEAN non sembra rappresentare un collante abbastanza forte da promuovere l’emergere, fra questi ultimi, di una posizione unitaria, che ne accrescerebbe il valore agli occhi di Washington. La natura plurale dell’Associazione e i principi che ne stanno alla base sono ulteriori aspetti problematici. Tuttavia, il nodo centrale sembra essere rappresentato dalla crisi di credibilità che gli USA stanno oggi attraversando: una crisi che se, da una parte, riflette le trasformazioni in corso a livello di assetti internazionali, dall’altra appare il prodotto delle crescenti tensioni che attraversano il Paese, intaccandone l’immagine internazionale e mettendo in discussione la sua capacità di agire in concreto come un leader globale.


[1] US Mission to ASEAN (2022), “President Biden and ASEAN Leaders Launch the US-ASEAN Comprehensive Strategic Partnership”, 12 novembre, disponibile online al link https://asean.usmission.gov/fact-sheet-president-biden-and-asean-leaders-launch-the-u-s-asean-comprehensive-strategic-partnership. Sull’ASEAN Outlook on the Indo-Pacific adottato durante il vertice di Bangkok dell’Associazione, il 20-23 giugno 2019, cfr. il documento ufficiale disponibile online al link https://asean.org/asean2020/wp-content/uploads/2021/01/ASEAN-Outlook-on-the-Indo-Pacific_FINAL_22062019.pdf.

[2] Klein, B., e Mattingly, P. (2022), “Biden Arrives in Cambodia Looking to Counter China’s Growing Influence in South-East Asia”, CNN, 12 dicembre, disponibile online al link https://edition.cnn.com/2022/11/11/politics/joe-biden-cambodia-asean/index.html.

[3] Xinhuanet (2021), “China, ASEAN Form Comprehensive Strategic Partnership as Xi Chairs Summit”, 23 novembre, disponibile online al link http://www.news.cn/english/2021-11/23/c_1310326437.htm.

[4] Kurlantzick, J. (2022), “The Challenges Facing Washington’s Indo-Pacific Economic Policy”, The Japan Times, 27 luglio, disponibile online al link https://www.japantimes.co.jp/opinion/2022/07/27/commentary/world-commentary/u-s-asia-economic-relations/.

[5] Jones, J.M. (2022), “US Views of Foreign Trade Nearly Back to pre-Trump Levels”, Gallup, 10 marzo, disponibile online al link https://news.gallup.com/poll/390614/views-foreign-trade-nearly-back-pre-trump-levels.aspx.

[6] ASEAN (2020), “Plan of Action to Implement the ASEAN-United States Strategic Partnership (2021-2025)”, 10 settembre, disponibile online al link https://asean.org/wp-content/uploads/2021/03/15.-ASEAN-US-Plan-of-Action-2021-2025-Final.pdf.

[7] Cfr. “Military Expenditure (current USD), East Asia & Pacific”, The World Bank IBRD-IDA, disponibile online al link https://data.worldbank.org/indicator/MS.MIL.XPND.CD?locations=Z4.

[8] Cfr. ASEAN, “ASEAN-China Economic Relations”, disponibile online al link https://asean.org/our-communities/economic-community/integration-with-global-economy/asean-china-economic-relation.

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