La politica cinese verso l’Europa sud-orientale

Per quanto la Cina non consideri se stessa come una grande potenza o come un aspirante egemone globale, essa detiene un forte interesse economico e geopolitico a intensificare la cooperazione economica con l’intera Europa, inclusi i paesi dell’Europa sud-orientale e orientale che non sono ancora membri o candidati membri dell’Unione europea (Ue). Seguendo e propugnando una strategia win-win, la Cina ha effettuato considerevoli investimenti in Europa sud-orientale, concedendo prestiti ai piccoli Stati un tempo parte della Jugoslavia. Nel caso particolare della Serbia, la politica di Pechino si arricchisce di un ingrediente in più: il sostegno all’integrità territoriale e alla sovranità del paese, con riferimento all’auto-proclamata indipendenza del Kosovo.

Nonostante la politica della Cina verso l’area balcanico-danubiana sia spesso vista solo come un tentativo da parte di Pechino di trovare una scorciatoia per accedere al mercato europeo, la politica di engagement verso questi paesi risponde a un disegno più ampio. La Cina sta infatti utilizzando ogni varco per entrare non solo nell’Ue, ma in Europa in senso più ampio. Pechino ha forti motivazioni per investire in infrastrutture strategiche in Serbia e in altri paesi europei, in particolare nell’Europa mediterranea, che ha ricevuto circa il 30 per cento degli investimenti cinesi in Europa dall’inizio della crisi economica globale. Caso emblematico è quello della Grecia, paese in cui la Cina ha investito 2,5 miliardi di dollari USA per ottenere una concessione della durata di 35 anni del porto del Pireo, collocato in posizione strategica tra tre continenti: Europa, Asia e Africa.

Nei confronti dei paesi dell’Europa centrale e sud-orientale la Cina punta a una cooperazione prevalentemente economica, entro un quadro istituzionale appositamente creato e finanziato. Durante la sua ultima visita in Europa, l’allora primo ministro Wen Jiabao (温家宝) ha incontrato a Varsavia i rappresentanti di 16 paesi dell’Europa centrale e sud-orientale, nell’ambito di un Foro economico annunciato un anno prima a Budapest. In quella sede sono state adottate dodici misure per lo sviluppo delle relazioni economiche secondo il formato 16+1. In particolare è stata attivata una linea di credito di 10 miliardi di dollari USA, concessi dalla Cina per futuri progetti ed erogati per circa il 30 per cento alle condizioni preferenziali riservate generalmente ai paesi del terzo mondo. La Cina si propone inoltre di rafforzare il commercio 16+1 fino a raggiungere il valore di 100 miliardi di dollari USA entro il 2015 (valore doppio di quello attuale). A ciò si aggiungono misure di cooperazione culturale, per esempio con l’offerta di 5.000 borse di studio per studenti dei 16 paesi europei intenzionati a studiare in Cina.

In questo quadro, particolare attenzione è stata rivolta alla Serbia, con 1,3 miliardi (dollari USA) di fondi preferenziali già assegnati al paese e negoziati in corso per ulteriori 400 milioni. Tra i progetti finanziati rientrano il ponte “Zemun-Borca” sul Danubio e la riattivazione della centrale termica “Kostolac B”. Investimenti cinesi sono destinati anche alla Croazia, paese che ha ospitato nel 2009 l’allora presidente Hu Jintao (胡锦涛) nella prima visita di alto livello di un dirigente cinese nell’area. In quell’occasione compagnie cinesi manifestarono interesse a investire nel porto di Rijeka e nella linea ferroviaria Rijeka-Zagabria. Investimenti come quello sul ponte “Zemun- Borca” e quello sulla centrale termica “Kostolac B” sono concepiti dalla Cina come manifestazione delle capacità tecnologiche di cui il paese dispone, e vengono utilizzati come modello da riprodurre in altri paesi dell’Europa sud-orientale.

Per via del loro passato comunista, i paesi della regione hanno una lunga storia di interazioni economiche con la Cina. Alcuni di essi esportarono tecnologia ed expertise verso la Cina durante la prima fase della politica di “riforma e apertura,” alla fine degli anni ’70 del secolo scorso. Con la crisi dell’unione monetaria europea, questi paesi hanno ora ritrovato nella Cina un importante investitore e un partner affidabile. Alla Cina essi possono offrire forza lavoro a basso costo ma ben preparata, senza porre precondizioni di carattere ideologico. Nel caso della Serbia, un elemento di forte consonanza politica è rappresentato dal fatto che la Cina si è opposta all’indipendenza unilateralmente dichiarata dal Kosovo e si sia fatta garante della risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, che riconosce il Kosovo quale provincia della Serbia. La Cina si è attivamente impegnata sulla questione partecipando alla discussione dinanzi alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja, contro la secessione unilaterale. A ciò si aggiunga che forze di polizia cinesi hanno partecipato a missioni Onu in Bosnia Erzegovina e in Kosovo.

Un importante ingrediente della cooperazione è che non vi sono questioni aperte tra la Cina e i 16 Stati della regione. Come dichiarato dall’ex Presidente della Rpc Hu Jintao (胡锦涛) a Zagabria, “la Cina ha sempre rispettato la sovranità e l’integrità territoriale dei paesi dell’Europa sud-orientale, così come il modello di sviluppo scelto dai loro popoli”. In questo senso, la cooperazione economica e politica con la Cina rappresenta un’opzione particolarmente allettante per i paesi della regione.

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