La Cina e il dossier Iran

Divenuta potenza nucleare nel 1964, la Cina ha aderito al Trattato di Non Proliferazione soltanto nel 1992, ma da allora si è mostrata molto attiva sul fronte della lotta alla proliferazione. Nel 1995 ha appoggiato il prolungamento indefinito del Trattato, nel 1996 ha contribuito alla negoziazione del Trattato per la messa al bando totale degli esperimenti nucleari (Ctbt) e nel 2004 è entrata a far parte del Gruppo di paesi fornitori di materiale nucleare, accettando le relative restrizioni.

Pechino non ha tuttavia rinunciato a presentarsi come intermediario tra le potenze atomiche e i paesi in via di sviluppo che desiderano dotarsi di tecnologie nucleari, giocando un ruolo di mediazione che offre chiare rendite di posizione in termini di prestigio internazionale e influenza sui vari paesi.

L’Iran è uno di questi casi e Pechino – che con Teheran intrattiene da tempo proficui scambi commerciali nel settore energetico e in quello degli armamenti convenzionali – è intervenuta a più riprese per limitare l’impatto delle sanzioni approvate dall’Onu. Negli ultimi mesi la leadership cinese ha resistito alle pressioni dell’amministrazione Obama per l’approvazione di una nuova e più pesante risoluzione del Consiglio di Sicurezza.

Cosa può aver indotto la Cina a mutare posizione al punto da appoggiare, il 9 giugno scorso, la risoluzione 1929 proposta dagli Stati Uniti, garantendo l‟unanimità dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza a sostegno di un quarto round di sanzioni a Teheran?

Quattro sembrano essere le motivazioni principali. Anzitutto un’effettiva frustrazione nei confronti della diplomazia iraniana, le cui tecniche dilatorie accentuano la sensazione che Teheran non coltivi davvero propositi esclusivamente pacifici per il proprio programma nucleare.

In secondo luogo, la diplomazia statunitense ha contribuito a rassicurare Pechino circa l’approvvigionamento energetico in caso di ritorsione iraniana con conseguente interruzione dell’esportazione di petrolio verso la Cina.

Terzo, la Rpc è tradizionalmente ostile all’idea di porre il veto in solitudine in sede Onu e la precedente decisione della Russia di accettare la bozza di risoluzione Usa ha privato Pechino dell’asse fin qui mantenuto con Mosca sul dossier iraniano.

Infine, gli osservatori più cinici fanno notare come le autorità cinesi abbiano concluso un ricco accordo con il Pakistan per l’esportazione a Islamabad di due reattori nucleari. L’intesa viola le linee guida stabilite per il Gruppo di paesi fornitori di materiale nucleare, i cui membri sono tenuti a non fornire tecnologie nucleari a paesi terzi senza la presenza di garanzie fornite dall’Agenzia internazionale per l‟energia atomica (Aiea), com’è appunto il caso del Pakistan. Non è da escludere che il sostegno cinese sulla risoluzione Onu contro l’Iran funga – tra l’altro – da viatico a questo accordo, incentivando Washington e le altre potenze occidentali a non sollevare obiezioni.

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