Il ruolo della Cina nel dopoguerra libico

Traduzione dall’inglese di Andrea Ghiselli

Il 1978 è stato un anno di svolta non solo per la Cina – con il III Plenum dell’XI Comitato centrale e la decisione di avviare le riforme economiche e l’apertura verso il mondo esterno – ma anche per le relazioni diplomatiche fra Cina e Libia, stabilite ufficialmente il 9 agosto di quell’anno. Prima dello scoppio della guerra civile in Libia nel 2011, i due paesi avevano consolidato il rapporto di amicizia attraverso visite di alto livello, intensi scambi commerciali e la promozione di programmi e commissioni congiunte per lo sviluppo economico e scientifico.

Tra il 1978 e il 2011, la cooperazione economica fra i due paesi si era concentrata su tre principali ambiti: energia, commercio e grandi progetti infrastrutturali. Anche se il petrolio libico costituiva solo una piccola parte delle importazioni cinesi, la Libia era fra i maggiori dieci fornitori di petrolio della Cina, con volumi in costante crescita. Le compagnie petrolifere cinesi operanti in Libia, tuttavia, raramente detenevano diritti di estrazione ed erano generalmente presenti in veste di sub-contractor delle compagnie occidentali titolari dei diritti sui giacimenti petroliferi.

Oltre alle compagnie statali operanti nel settore energetico e ingegneristico, anche decine di imprese private hanno partecipato a grandi progetti infrastrutturali, sia durante gli anni Ottanta – prima delle sanzioni disposte dalle Nazioni unite contro la Libia – sia dopo il 2003, quando le sanzioni vennero infine revocate. Prima del 2011 si contavano 50 progetti affidati alle imprese cinesi per un valore complessivo di 18,8 miliardi di dollari Usa: prevedevano la costruzione di strade, ferrovie, abitazioni, infrastrutture per le telecomunicazioni e per l’estrazione e la lavorazione del petrolio.

L’abrogazione delle sanzioni nel 2003 aveva segnato anche la rapida crescita del commercio fra i due paesi, le cui economie sono complementari: mentre la Cina importava petrolio, la Libia acquistava grandi quantità di beni prodotti in Cina.

Inevitabilmente, la guerra in Libia ha avuto gravi conseguenze per la cooperazione economica con la Cina così come con altri paesi. Oltre all’interruzione di qualsiasi attività commerciale, le attività delle imprese cinesi in Libia sono state rallentate fino a fermarsi completamente, con l’evacuazione di tutti i cittadini cinesi presenti nel paese a causa del continuo deteriorarsi delle condizioni di sicurezza. Inoltre, l’iniziale ostilità di Pechino all’interno del Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite verso l’intervento della NATO a supporto dell’opposizione anti-Gheddafi – solo all’ultimo convertitasi in un’astensione, peraltro alquanto dibattuta – ha ulteriormente minato le relazioni fra Cina e Libia post-Gheddafi. In seguito, Pechino ha comunque fornito aiuti alla popolazione e cercato di mediare fra le fazioni in lotta.

Lo Stato libico è vicino al collasso: la presenza di numerose milizie armate alimenta il conflitto fra le tribù locali per il controllo del territorio e la spartizione del potere. La situazione è grave sotto quattro aspetti: enormi difficoltà nel processo di ricostruzione politica, un’economia che non riparte, assenza di coesione nazionale e condizioni di sicurezza estremamente precarie.

Tutti questi problemi sono evidenti nelle condizioni in cui versa l’industria petrolifera libica, un tempo fonte principale di ricchezza del paese e oggi in evidente difficoltà. I giacimenti petroliferi e gli oleodotti sono sparsi in varie regioni e affinché il petrolio estratto arrivi ai porti da cui può essere imbarcato verso l’estero è necessario che le condizioni di sicurezza e i collegamenti siano garantiti. Con l’esplosione dei conflitti tribali, tuttavia, queste condizioni sono venute a mancare quasi completamente e la produzione di petrolio è scesa ai minimi storici (fra i 200mila e 300mila barili al giorno). L’uccisione dell’ambasciatore statunitense e di altri tre diplomatici nel settembre 2012 durante l’assalto al Consolato Usa a Bengasi ha reso evidenti i rischi che corrono gli stranieri nel paese.

Dopo aver riconosciuto il nuovo governo libico, la Cina ha proposto un piano in quattro punti per facilitare la ricostruzione delle istituzioni del paese nordafricano. La proposta cinese si basa sull’azione congiunta delle autorità locali, che devono tener conto della realtà altamente frammentata del paese, e della comunità internazionale, che dovrebbe fornire assistenza economica e organizzativa secondo le indicazioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. In questo contesto sono presto ricominciati gli scambi di visite ad alto livello fra funzionari cinesi e libici. La complementarietà fra le due economie resta un forte stimolo alla ripresa della cooperazione economica. Nonostante ciò, il peggioramento della situazione della sicurezza in varie aree del paese ha costretto a una nuova interruzione delle attività economiche, che si è protratta fino all’estate del 2013.

Sul fronte politico, Pechino opera oggi principalmente coordinandosi con gli attori regionali, attraverso istituzioni come il China-Arab States Cooperation Forum, il China-Africa Cooperation Forum e il China-Africa Development Fund. Come ribadito dal presidente Xi Jinping durante il sesto incontro ministeriale del China-Arab States Cooperation Forum a giugno 2014, la Cina preferisce continuare a perseguire un approccio multilaterale alla questione libica, collaborando con i paesi vicini e con quelli occidentali.

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