Nell’immaginario comune, la parola “confine” evoca una linea netta tracciata su una mappa, un segno che separa nazioni, culture ed economie. Tuttavia, le frontiere del Sud-Est asiatico contemporaneo raramente si conformano a questa immagine. Si rivelano piuttosto come zone porose, dove flussi globali di capitali, merci e persone si incontrano e si scontrano. In questi spazi di transizione, le opportunità di sviluppo si legano a nuove forme di criminalità, sfruttamento e degrado ambientale, tracciando un panorama complesso. Queste aree di frontiera non sono solo geografiche, ma anche tematiche. I confini tra legale e illegale sono difficili da individuare, le distinzioni tra sviluppo e danno ambientale diventano ambigue e le divisioni tra lavoro formale e precarietà si fanno sempre più sfumate. Sono spazi di straordinaria opportunità e, al contempo, di profonda vulnerabilità, dove la promessa della modernità convive con l’ombra della criminalità e della disuguaglianza.
Questo numero di RISE si addentra in queste complesse dinamiche, partendo dalla loro manifestazione più tecnologica: le enclavi del gioco d’azzardo, territori di frontiera che, operando in un vuoto giuridico, sono state trasformate dall’avvento della banda larga in hub per frodi online milionarie. Dalle frontiere terrestri, la nostra analisi si sposta alle vaste distese marittime, dove operano i “pirati silenziosi” e il contrabbando prospera su scala industriale, spesso con la tacita complicità di attori commerciali insospettabili. Ma le frontiere non sono solo teatri di operazioni illecite; sono soprattutto spazi attraversati quotidianamente da imponenti flussi di persone. Esaminiamo così il fenomeno del pendolarismo tra Malaysia e Singapore, cartina di tornasole di un’integrazione regionale basata su disuguaglianze profonde e strutturali. Infine, lo sguardo si allarga a un ultimo, insidioso flusso che definisce questi confini: quello dei rifiuti, indagando come la regione sia diventata la discarica finale di un modello di consumo globale insostenibile. Questi flussi, in perpetuo movimento tra legalità e illegalità, non sono fenomeni distinti, ma i sintomi interconnessi di profondi squilibri globali. Eppure, questa realtà non è priva di una sua eco storica. La lotta per definire e sovvertire i confini è una costante nella regione, come ci ricorda la recensione di Asia Ribelle di Tim Harper, che chiude il numero. Il libro svela il “mondo sotterraneo” dei rivoluzionari anticoloniali che, un secolo fa, seppero ritorcere contro gli imperi le loro stesse infrastrutture.
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