Relazioni Cina-Balcani: quale spazio per l’Unione Europea?

La Cina è diventata una degli attori esterni più interessanti nei cinque paesi dei Balcani occidentali: Albania, Bosnia ed Erzegovina, Macedonia, Montenegro, Serbia (ad esclusione del Kosovo, non riconosciuto dalla Cina).[1] Questi paesi hanno assunto grande rilievo nelle politiche europee della Cina, rientrando di fatto negli orizzonti del meccanismo “16+1”, componente fondamentale della Belt and Road Initiative (BRI).[2] Le relazioni sino-balcaniche, un tempo quasi del tutto inesistenti, sono dunque riuscite in pochi anni non solo ad ottenere visibilità internazionale, ma anche a produrre risultati tangibili in termini di cooperazione economica tra le parti coinvolte – cooperazione, questa, che sembra destinata a rafforzarsi ulteriormente nei prossimi anni. Il progressivo avvicinamento della Cina all’Europa centro-orientale, tuttavia, è stato accolto tutt’altro che calorosamente dagli stakeholders di Bruxelles attivi nella regione.

Nel giugno del 2016, Xi Jinping fu accolto a Belgrado dall’allora Capo di Stato serbo Tomislav Nikolić. Nel corso della visita di Xi furono siglati 20 accordi commerciali tra Cina e Serbia, operazione che valse al Presidente cinese il Gran Collare dell’Ordine della Repubblica per meriti speciali resi alla Serbia e al suo popolo (immagine: predsednik.rs).

Inizialmente ignorate e gravemente sottovalutate dall’Unione Europea, le attività cinesi nella regione dei Balcani occidentali sono in seguito state al centro dell’attenzione di innumerevoli esperti e commentatori a Bruxelles, Berlino e in altre capitali europee. Pur in assenza di consenso su come interpretare le relazioni sino-balcaniche, da tempo si parla di“scetticismo sino-balcanico”. Dopo aver fornito una disamina dell’evoluzione dei rapporti tra Cina e Balcani occidentali, questo articolo esaminerà le preoccupazioni di un’Europa che guarda all’operato della Cina nei Balcani con sospetto, sviluppando alcune considerazioni su come si potrebbe meglio gestire lo sviluppo di questo interessante partenariato.

Tabella 1

Fonte: Anastas Vangeli

La Cina nei Balcani: elementi di contesto

Per meglio comprendere come e perché l’Unione Europea stia reagendo alla crescente presenza cinese nei Balcani occidentali è importante sottolineare come la Cina abbia fino ad oggi rivendicato la sua assoluta terzietà d’intenti rispetto non solo all’Unione Europea, ma anche agli attori non-europei che storicamente esercitano una loro forte influenza sulla regione. A differenza degli Stati Uniti, infatti, la Cina non guarda ai Balcani occidentali ragionando in termini di promozione di un modello di governance politico-economica da implementare, né mostra particolare interesse per le politiche etniche o identitarie che hanno segnato la storia della regione. Pechino non si occupa neanche di high politics o di problemi strategici, come ci si aspetterebbe da Mosca, né porta avanti obiettivi di cooperazione strategica ed economica rifacendosi a legami storici con la regione, come nel caso di Ankara. La particolare visione geo-economica che la Cina vuole realizzare nei Balcani occidentali legge invece il relativo sotto-sviluppo della regione in termini di “opportunità”, o quantomeno di “potenziale inespresso”.
I Balcani nel loro complesso – Balcani occidentali, Grecia, Bulgaria, Romania, Croazia e Slovenia – sono di particolare interesse per la Belt and Road Initiative cinese. Punto d’incontro della parte mediterranea della Via della Seta Marittima e delle sezioni dell’Europa orientale e della Turchia facenti parte della Silk Road Economic Belt, la regione dei Balcani è quella meno sviluppata del continente europeo. A costituire un’imperdibile opportunità per la Belt and Road Initiative cinese sono dunque il mancato adeguamento delle infrastrutture strategiche della regione[3] e il suo incessante bisogno di capitali esteri e di nuove visioni di sviluppo economico.

Una simile combinazione di considerazioni geografiche e strutturali ha portato la Cina a dare ulteriore peso al suo crescente coinvolgimento nella regione dei Balcani occidentali (Figura 1).
Pechino ha significativamente aumentato le interazioni politiche con tutti i paesi dei Balcani occidentali a livello bilaterale. I Balcani occidentali sono rientrati nel meccanismo 16+1 di cooperazione interregionale appena questo fu istituito, nel 2012, e il governo cinese ha siglato memorandum d’intesa con ognuno di questi paesi per la costruzione della BRI. Le interazioni people-to-people hanno inoltre costituito un importante pilastro della cooperazione, favorendo il superamento della relativa incomprensione tra le due società.[4] Basti pensare a come Serbia e Bosnia ed Erzegovina abbiano già introdotto regimi di esenzione dal visto per cittadini cinesi. Nel corso di questo processo, la Cina non ha forzato alcuno degli attori regionali coinvolti. Al contrario, si può dire che, pur con l’obiettivo di agire nel rispetto dei propri interessi, la Cina li abbia “socializzati” in relazioni di potere simbolico.

Tabella 2

Fonte: EBRD, Intellinews, Dragan Pavlićević (di prossima uscita).

Anche la cooperazione economica si è intensificata sia in termini di scambi bilaterali, sia in termini di investimenti e progetti infrastrutturali su ampia scala impostati attraverso prestiti (per una lista dei principali progetti nella regione, si veda la Figura 2). I progetti infrastrutturali sono la componente meglio conosciuta dell’attività economica della Cina nella regione. Molti di questi assumono importanza strategica, sia in termini del loro concorso all’incremento della connettività eurasiatica, sia per quanto riguarda la loro centralità rispetto all’attività economica dei paesi ospitanti. L’autostrada di Arber è parte del Corridoio Pan-Europeo VIII, e si prevede ridurrà i tempi di percorrenza da Tirana al confine con la Macedonia da quattro ore e mezza a 90 minuti. È inoltre previsto che i lavori per la realizzazione del Corridoio Pan-Europeo IX in Serbia e Montenegro riducano significativamente i tempi necessari al raggiungimento di Belgrado dalla costa adriatica. Alcuni di questi sono progetti che non potrebbero essere finanziati altrimenti, poiché i paesi dei Balcani incontrano notevoli ostacoli nell’ottenere capitali dai mercati finanziari internazionali. Prima che alla regione arrivasse un prestito firmato Chinese Exim Bank (il più ingente nella storia del Montenegro), il progetto per il collegamento del porto di Bar al confine con la Serbia era stato del tutto ignorato dai finanziatori occidentali.[5]

Allo stesso tempo, questo modello di prestiti vincolati ha avuto come conseguenza l’aumento del debito dei paesi dei Balcani nei confronti della Cina. Mentre la situazione finanziaria è per il momento sostenibile, questa potrebbe presto trasformarsi in una fonte di ulteriore vulnerabilità della regione. Il rischio è che i livelli del debito continuino ad aumentare in futuro, specialmente qualora i progetti si rivelassero non in grado di generare i profitti previsti.

Relazioni sino-balcaniche: preoccupazioni politico-economiche dell’Unione Europea

Diversi ricercatori e policymaker dell’Unione Europea hanno più volte espresso le loro preoccupazioni circa gli investimenti cinesi nei Balcani. Il timore generale è che la Cina stia tentando di influenzare politicamente la regione ricorrendo a mezzi economici.[6] I continui investimenti potrebbero inoltre permettere alla Cina di diventare un attore importante nelle estese catene europee di distribuzione e valore.[7] I progetti cinesi per la trasformazione dei Balcani in un corridoio di trasporto intermodale sembrano inoltre costituire una potenziale sfida per le architetture logistiche dell’UE, anziché essere viste come supplementari a queste.[8] Allo stesso tempo, con il suo ingresso in economie che tra circa un decennio potrebbero far parte del mercato unico europeo ma dove oggi le regole che disciplinano gli investimenti esteri sono ancora relativamente flessibili, la Cina è vista da Bruxelles come un attore che sta intenzionalmente aggirando i meccanismi di controllo UE. Da ultimo, affidare la realizzazione di progetti infrastrutturali alle imprese di Stato cinesi significa sottrarre opportunità di crescita alle aziende europee interessate ai Balcani.
Insomma, l’UE non sembra sentirsi a proprio agio di fronte alla prospettiva di essere effettivamente tagliata fuori dal meccanismo multilaterale del 16+1 costituito dalla Cina per la sua interazione con i Balcani[9] – e questo nonostante Pechino abbia provato a coinvolgere diversi rappresentanti UE, includendoli nel 16+1 come osservatori e ricalibrando i termini della cooperazione con i Balcani occidentali affinché fossero più vicini all’agenda UE.[10] Nei Balcani, l’Unione Europea si sta scontrando con problemi di carattere normativo.[11] La crescente influenza della Cina sui Balcani occidentali, infatti, pare stia complicando non solo la riforma dell’agenda UE, ma anche l’intero assetto neo-liberale della regione. Mentre l’UE promuove un approccio allo sviluppo economico basato sul libero mercato – modello che prevede una severa regolamentazione e che esige la trasparenza delle spese pubbliche – il modello di sviluppo economico esportato dalla Cina verso i Balcani è fortemente statalista: alle gare d’appalto per la realizzazione di progetti infrastrutturali si preferisce, con la Cina, la creazione di leggi ad hoc. I timori che l’Unione Europea nutre nei confronti della presenza cinese nei Balcani risultano pertanto acuiti da sospetti di corruzione, dubbi riguardanti la qualità dei progetti cinesi, e timori che il crescente indebitamento dei Balcani nei confronti di Pechino apra la strada a forme di sudditanza politica .
Lo scetticismo dell’Europa verso le relazioni sino-balcaniche è legato indissolubilmente, tuttavia, all’andamento generale delle relazioni tra Pechino e Bruxelles. Come prova del mutamento degli equilibri di potere tra Cina e Occidente, basti pensare a come la “teoria della minaccia cinese” ritrovi oggi terreno fertile nell’Unione Europea, dove la Cina è accusata di portare avanti pratiche economiche scorrette, sovvertendo silenziosamente la democrazia liberale e perseguendo una strategia di divide et impera per indebolire il continente.[12] Questa è quindi la cornice all’interno della quale bisogna intendere le risposte dell’UE all’andamento delle relazioni sino-balcaniche.[13]
Lo scetticismo dell’Europa occidentale ha anche a che fare con il fatto che l’Europa occidentale ragioni dei Balcani in termini di “Altro” europeo, dinamica che riduce l’immagine della regione a quella di un “oggetto” subordinato a una competizione che avviene tra grandi potenze. Così facendo, alcuni paesi dell’Europa occidentale negano ai Balcani ogni autonomia d’azione, mantenendoli così in una posizione di immaginata subalternità.[14] Come sostenuto da Federica Mogherini, è molto comune definire i Balcani “il cortile” dell’Unione Europea.[15] L’idea che la Cina stia interferendo nel “cortile” dell’UE è centrale al discorso che i media europei hanno creato attorno al fenomeno delle relazioni Sino-balcaniche.

Nei Balcani, l’UE ricalibra la sua posizione rispetto alla Cina 

Uno dei motivi principali per cui la strategia di avvicinamento ai Balcani della Cina è destinata ad avere successo è il relativo distacco che l’UE sembra aver adottato nei confronti della regione a partire dalla crisi finanziaria del 2008 – evento che ha permesso alla Cina e ad altri attori extra-europei di presentarsi a questi paesi con ingenti capitali e visioni di sviluppo alternative a quelle europee.[16] Nei primi mesi del 2018 l’Unione Europea ha riconosciuto il proprio errore di valutazione e ha quindi tentato di controbilanciare l’influenza di Cina e Russia nella regione ponendo nuova enfasi sui piani di espansione del blocco europeo verso i Balcani. Stando alla nuova tabella di marcia resa nota dalla Commissione Europea, Serbia e Montenegro sembrano avere la possibilità di entrare a far parte dell’UE realisticamente entro il 2025 – ammesso e non concesso che la questione del Kosovo si risolva prima di allora. Si prevede inoltre che Albania, Bosnia ed Erzegovina e Macedonia possano entrare a far parte dell’UE dal 2030 in poi, sempre ammesso che questi paesi riescano anzitutto a risolvere le latenti tensioni (basti pensare alla disputa greco-macedone sul nuovo nome della Macedonia[17]).
Con il suo ritorno nei Balcani, l’Unione Europea si relaziona alla Cina vedendola come un nuovo e importante attore esterno attivo nella regione. Nella formulazione delle sue politiche riferite all’operato della Cina nei Balcani, l’UE ha a che fare non solo con una realtà geopolitica in continuo mutamento, ma anche con le necessità dei Balcani stessi, e con le debolezze di Bruxelles nel suo tentativo di presentarsi come potenza trasformativa nella regione. Recentemente è stato attivato il cosiddetto “Processo di Berlino”: tra i suoi vari scopi, il Processo aveva come obiettivo quello di procurare fondi per la realizzazione di progetti infrastrutturali nei Balcani. La proposta di Berlino sembrò un tentativo parziale di risposta concreta alle iniziative cinesi, e in netto contrasto con queste. La Cancelliera Merkel si è tuttavia lamentata sottolineando che nonostante “i soldi non costituiscano un problema” per l’Unione Europea, questa si dimostra sempre troppo lenta a mantenere le promesse fatte.[18]
Questo piccolo esempio mostra cosa s’intende quando si parla di “rallentata integrazione” dei Balcani nell’Unione Europea. Nonostante sia interessante da un punto di vista di cultura politica e retorica liberal-democratica, l’UE non è riuscita a gestire alcuni dei problemi più sentiti della regione, come la disparità economica e l’urgente necessità di un miracolo economico che la portino al passo del resto dell’Unione. Stando alla Banca Mondiale, per arrivare allo stesso livello di benessere economico dell’Unione Europea, le economie dei Balcani occidentali devono crescere almeno del 5% all’anno, per vent’anni. Agli attuali ritmi di crescita del 2-3% l’anno, ai Balcani occorrerà aspettare altri 60 anni prima di raggiungere i livelli di sviluppo dell’UE.[19] Il lento sviluppo economico dei Balcani è un problema che riaffiora di continuo, e che le politiche dell’UE non sono state in grado di affrontare (talvolta sono riuscite perfino a peggiorarlo).[20] Come sostenuto da Thomas Piketty in un recente articolo,[21] la disparità economica dell’Est europeo rispetto all’Ovest è di entità difficilmente gestibile. I Balcani in particolare si trovano in una posizione di ulteriore svantaggio, assieme agli altri paesi post-socialisti dell’Europa. Questi paesi non solo si trovano ad affrontare condizioni di vita misere nel presente, ma potrebbero avere doversela vedere con significativi cali demografici in un prossimo futuro.[22]
La disastrosa realtà economica dei Balcani costituisce un’enorme sfida per la presenza dell’UE nella regione, ed è uno dei motivi principali per cui Bruxelles non può affrontare Pechino nell’ottica di una competizione strategica.[23] I governi della regione vedono la Cina come un partner la cui agenda globale è complementare e funzionale alle loro necessità, come un alleato la cui diplomazia economica favorisce il loro sviluppo.[24] La Cina permette anche la realizzazione di progetti (quali il completamento e l’ammodernamento dei corridoi Pan-Europei) che sono prioritari per i Balcani, pur non essendolo ancora per l’Unione Europea. Allo stesso tempo, non bisogna dimenticare che tutti i paesi della regione dei Balcani hanno come obiettivo ultimo la loro integrazione nel mercato comune e nelle istituzioni europee. Questo implica che, se a Bruxelles si tenesse veramente conto degli interessi nazionali dei Balcani, la Cina non potrebbe mai essere vista come concorrente diretto dell’UE. All’UE si presenta quindi l’irripetibile opportunità di coinvolgere la Cina in modo costruttivo e di assicurarsi che le iniziative di cooperazione sino-balcanica contribuiscano alla crescita economica e al benessere della regione in maniera sostenibile, senza che questo fenomeno ostacoli i processi di allargamento dell’UE. I Balcani sono un territorio che tutti gli attori geopolitici coinvolti nella regione considerano ancora “inesplorato”. Farli sentire coinvolti in diverse iniziative costituirà un’opportunità di apprendimento non solo per l’Unione Europea, ma anche per i Balcani stessi, i quali hanno necessità di adattarsi a un mutevole scenario internazionale e di muoversi con cautela nella gestione di una Cina dalle ambizioni sempre più globali.

Traduzione dall’inglese a cura di Carlotta Clivio

 

[1] Anastas Vangeli, “The Silk Road in the Balkans: context and prospects”, T.note n.19, settembre 2016, disponibile all’Url https://www.twai.it/magazines/the-silk-road-in-the-balkans-context-and-prospects/.

[2] Il meccanismo “16+1” è un’iniziativa avviata dal Ministero degli Affari Esteri cinese per promuovere le attività di cooperazione che legano la Cina ad Albania, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Macedonia, Montenegro, Polonia, Romania, Serbia, Slovacchia e Slovenia. I Balcani occidentali furono inclusi nell’iniziativa fin dal lancio della stessa, nel 2012.

[3] Ruben Atoyan e Dóra Benedek, Public infrastructure in the Western Balkans: a highway to higher income (Washington, DC: International Monetary Fund, 2018), disponibile all’Url https://www.imf.org/en/News/Articles/2018/02/01/na020818-public-infrastructure-in-the-western-balkans-a-highway-to-higher-income.

[4] Anastas Vangeli, “What are the achievements of 16+1 after five years of existence?”, T.note n. 53, ChinaMed T.note Series #3, December 2017, disponibile all’Url https://www.twai.it/magazines/achievements-161-five-years-existence/.

[5] Mladen Grgić, “Chinese infrastructural investments in the Balkans: political implications of the highway project in Montenegro”, Territory, Politics, Governance 11 (2017): 1–19.

[6] Agence France-Presse, “Merkel warns against China’s influence in Balkans”, South China Morning Post, 22 febbraio 2018, disponibile all’Url http://www.scmp.com/news/china/diplomacy-defence/article/2134196/merkel-warns-against-chinas-influence-balkans.

[7] Questo punto è stato sostenuto con riferimento all’iniziativa di cooperazione 16+1, e come tale è applicabile ai Balcani intesi come “sottogruppo”. A tal proposito si veda: Jacopo Maria Pepe, “Continental drift. Germany and China’s inroads in the ‘German Central Eastern European manufacturing core:’ geopolitical chances and risks for Europe”, ISA International Conference, Hong Kong, 15-18 maggio 2017, disponibile all’Url http://web.isanet.org/Web/Conferences/HKU2017-s/Archive/397b4475-f2b4-4731-bcec-c5aa13241a44.pdf.

[8] Georgi Gotev, “‘Chinese Balkan Corridor’ pits EU North against South”, EURACTIV.com, 31 maggio 2017, disponibile all’Url https://www.euractiv.com/section/transport/news/chinese-balkan-corridor-pits-eu-north-against-south/.

[9] Lucrezia Poggetti, “One China – One Europe? German Foreign Minister’s remarks irk Beijing”, The Diplomat, 9 settembre 2017, disponibile all’Url http://thediplomat.com/2017/09/one-china-one-europe-german-foreign-ministers-remarks-irk-beijing/.

[10] Jing Long, “The transition of EU’s Attitude towards 16+1”, in Afterthoughts: Riga 2016 International Forum of China and Central and Eastern European Countries a cura di Maris Andzans (Riga: Latvian Institute of International Affairs, 2016).

[11] Michal Makocki, “China in the Balkans: the battle of principles”, European Council on Foreign Relations, 6 luglio 2017, disponibile all’Url http://www.ecfr.eu/article/commentary_china_in_the_balkans_the_battle_of_principles_7210.

[12] Si vedano: François Godement e Abigail Vasselier, China at the gates: a new Power Audit of EU-China relations (European Council on Foreign Relations, 2017); Thorsten Benner et al., “Authoritarian advance: responding to China’s growing political influence in Europe”, Global Public Policy Institute and the Mercator Institute for China Studies, 2018, disponibile all’Url http://www.gppi.net/publications/rising-powers/article/authoritarian-advance-responding-to-chinas-growing-political-influence-in-europe/.

[13] Lucrezia Poggetti, “China’s charm offensive in Eastern Europe challenges EU cohesion”, The Diplomat, 24 novembre 2017, disponibile all’Url https://thediplomat.com/2017/11/chinas-charm-offensive-in-eastern-europe-challenges-eu-cohesion/.

[14] Ibidem.

[15] La percezione che gli europei hanno dei Balcani è diventata un problema per la realizzazione degli obiettivi UE nella regione. Come sottolineato da Federica Mogherini, i Balcani sono “la quarta priorità dell’Unione Europea”. Mogherini ha inoltre aggiunto: “Guardando al nostro vicinato, questo è un terreno sul quale, come ben saprete, abbiamo più da perdere e più da vincere. Alcuni dicono che [i Balcani] sono il nostro cortile. Non sono il nostro cortile: sono Europa”. Discorso integrale (in inglese) disponibile all’Url https://eeas.europa.eu/headquarters/headquarters-homepage/31424/speech-hrvp-mogherini-opening-session-2017-eu-ambassadors-conference_en.

[16] Peter Foster, “EU failure in Balkans ‘a call to China and Russia’ says Macedonia President”, The Telegraph, 4 novembre 2017, disponibile all’Url http://www.telegraph.co.uk/news/2017/11/04/eu-failure-balkans-call-china-russia-says-macedonia-president/.

[17] Sinisa Jakov Marusic, “Macedonia ratifies Greek deal for second time”, Balkan Insight, 5 luglio 2018, disponibile all’Url https://www.rferl.org/a/macedonia-s-zaev-defends-name-deal-in-parliament-ahead-of-ratification-vote/29306376.html.

[18] Governo Federale Tedesco, “Pressekonferenz von Bundeskanzlerin Merkel Und Dem Ministerpräsidenten Der Ehemaligen Jugoslawischen Republik Mazedonien, Zoran Zaev” [Conferenza stampa della cancelliera Merkel con il Primo ministro dell’Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia], 21 febbraio 2018, disponibile all’Url https://www.bundeskanzlerin.de/Content/DE/Mitschrift/Pressekonferenzen/2018/02/2018-02-21-pk-merkel-zaev.html (link in tedesco).

[19] World Bank Group, Revving up the engines of growth and prosperity in the Western Balkans (Washington DC: International Bank for reconstruction and Development/The World Bank, 2017), disponibile all’Url http://www.worldbank.org/en/region/eca/publication/revving-up-engines-of-growth-and-prosperity-in-western-balkans.

[20] Tobias Flessenkemper e Dusan Reljic, “EU enlargement: a six percent target for the Western Balkans”, SWP – German Institute for International and Security Affairs, 27 giugno 2017, disponibile all’Url https://www.swp-berlin.org/en/point-of-view/eu-enlargement-a-six-percent-target-for-the-western-balkans/.

[21] Thomas Piketty, “2018, the year of Europe”, Le Monde, 16 gennaio 2018, disponibile all’Url http://piketty.blog.lemonde.fr/2018/01/16/2018-the-year-of-europe/.

[22] Maja Zivanovic, “Balkan states face big population drops, UN Warns”, Balkan Insight, 22 giugno 2017, disponibile all’Url http://www.balkaninsight.com/en/article/populations-plunging-in-most-balkans-countries-report-06-22-2017.

[23] Filip Vojvodic-Medic, “How to live with China on our doorstep”, The German Marshall Fund of the United States, 8 febbraio 2018,  disponibile all’Url http://www.gmfus.org/blog/2018/02/08/how-live-china-our-doorstep.

[24] Governo Federale Tedesco, “Pressekonferenz von Bundeskanzlerin Merkel Und Dem Ministerpräsidenten Der Ehemaligen Jugoslawischen Republik Mazedonien, Zoran Zaev” [Conferenza stampa della cancelliera Merkel con il Primo ministro dell’Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia], 21 febbraio 2018, disponibile all’Url https://www.bundeskanzlerin.de/Content/DE/Mitschrift/Pressekonferenzen/2018/02/2018-02-21-pk-merkel-zaev.html (link in tedesco).

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