Pechino fa i conti con gli squilibri della crescita

La sessione annuale dell’Assemblea Nazionale del Popolo è tradizionalmente anche la sede in cui il governo fa il punto della situazione economica e sociale del Paese, e indica le linee guida della politica economica e sociale per l’anno successivo. Malgrado il rapporto di quest’anno della National Development and Reform Commission contenga il solito elenco degli obiettivi raggiunti, è interessante notare la franchezza con cui si riconosce la necessità, come principale orientamento dell’azione futura, di “accelerare la trasformazione del modello di sviluppo economico”, e si evidenziano le principali criticità del sistema. Il rapporto inizia affermando che “la performance economica nel 2010 è stata generalmente stabile, con miglioramenti significativi in qualità ed efficienza” ma, proseguendo nella lettura del testo, ci si chiede se questi miglioramenti non siano stati più che annullati dagli effetti negativi prodotti dal continuo accumulo di inefficienze degli ultimi anni.

Nel 2010, il Pil è stato di 39.800 miliardi di yuan, con una crescita annuale del 10,3% (2,3 punti percentuali in più rispetto all’obiettivo stabilito). La crescita si è registrata più nel settore industriale (+12,2%) che in quelli agricolo (+4,3%) e dei servizi (+9,5%). Le finanze pubbliche sono in ottimo stato, con un deficit inferiore di 50 miliardi di yuan rispetto al target. I profitti delle grandi imprese industriali sono aumentati ben del 49,4% su base annua, i consumi interni del 18,3% (3,3 punti percentuali in più rispetto al piano) e gli investimenti fissi del 23,8% (3,8 punti percentuali in più). Lo stesso surplus commerciale è diminuito del 6,4%. Infine, per la prima volta dal 1998 la crescita del reddito rurale è stata più elevata della crescita del reddito urbano.

Ma veniamo ai cinque problemi irrisolti indicati nel rapporto. Innanzitutto, “le fondamenta (…) per una crescita sostenuta dei redditi rurali non sono solide”: permangono condizioni di inefficienza, e di insufficienza delle risorse (terre arabili e acqua per l’irrigazione). In secondo luogo, l’investimento “disordinato” e l’eccesso di capacità produttiva in certi settori si accompagna allo sviluppo “sbilanciato e scoordinato” tra le aree urbane e rurali e tra le diverse regioni. Terzo, il ritorno dell’inflazione, che si aggira ormai attorno al 5%, è motivo di preoccupazione, poiché la maggiore crescita dei prezzi si è registrata nel mercato alimentare e in quello immobiliare, due settori molto sensibili per la tenuta del tessuto sociale. Quarto, nonostante gli sforzi per diminuire l’impatto ambientale della crescita cinese, il sistema economico è ancora altamente inquinante, e “deve essere ancora stabilito un meccanismo permanente per il risparmio energetico e per la riduzione delle emissioni”. Quinto, “i problemi sociali sono aumentati”, e permane la preoccupazione per questioni quali la sicurezza alimentare e dei medicinali, l’espropriazione della terra, la demolizione delle case e la ricollocazione dei residenti, e la sicurezza industriale.

Questi problemi devono essere risolti avendo come faro di riferimento la teoria dello sviluppo scientifico e dell’armonia sociale elaborata negli anni dall’attuale dirigenza. Ciò significa per il governo passare gradualmente da una crescita quantitativa ad una qualitativa che abbia più a cuore il benessere della popolazione, tanto che The Economist ha parlato di una nuova “ricerca della felicità”. A tal proposito, il rapporto elenca nove linee d’azione per il 2011: rafforzare i meccanismi di controllo dell’inflazione; espandere la domanda interna (con l’obiettivo di una crescita del Pil attorno all’8%); creare le condizioni per il sostegno del reddito rurale; accelerare la ristrutturazione industriale (migliorando la competitività delle imprese); ridurre le emissioni nocive e migliorare l’efficienza energetica; migliorare i servizi pubblici e i “meccanismi di amministrazione sociale”; rinnovare gli sforzi per superare le difficoltà economiche e “accrescere l’impeto e la vitalità dello sviluppo economico e sociale”; espandere la cooperazione economica internazionale (lottando contro il protezionismo).

Anche la Cina, quindi, si trova oggi ad affrontare i problemi dei costi dello sviluppo, che rappresentano un’eredità della turbo-crescita iniziata negli anni di Jiang Zemin. Questa traiettoria economica ha privilegiato (diversamente dalla crescita degli anni di Deng) gli investimenti rispetto al risparmio, le città rispetto alle campagne, la grande impresa (spesso statale) rispetto al talento imprenditoriale. Ora è tempo di correggere il tiro, prima che l’aumento di questi costi induca molti a chiedersi quanto valga la pena continuare su questa strada.

Published in:

  • Events & Training Programs

Copyright © 2024. Torino World Affairs Institute All rights reserved

  • Privacy Policy
  • Cookie Policy