[IT] Prendete un manuale di storia del ‘900 in un liceo degli anni ‘80 e cercate quanto spazio viene dedicato alla guerra di Corea (1950-1953). L’esito della vostra ricerca vi dirà: l’equivalente di qualche riga. Un eccellente contributo per colmare questo vuoto è il volume di Pietro Paolo Masina, docente di storia e istituzioni dell’Asia all’Orientale di Napoli, che OrizzonteCina consiglia questo mese ai propri lettori.
[IT] In un discorso preparato con cura, il presidente cinese Xi Jinping ha di recente affermato che ognuno ha le proprie aspirazioni e i propri sogni e che, pertanto, i cinesi dovrebbero interrogarsi su quale sia il “sogno cinese”. Si tratta di una domanda molto importante. A ben vedere, infatti, l’interrogativo fondamentale del dibattito sull’ascesa della Cina non è tanto come si debba misurarne la forza, quanto come si possano decifrarne le intenzioni. Nelle parole di Xi, il “sogno cinese” è “il compimento della grande rinascita della nazione cinese”.
[IT] A partire dalla fine degli anni Settanta, le riforme economiche messe in atto in Cina sotto l’egida della leadership denghista hanno innescato quella che è stata definita una “associational revolution:” una notevole crescita del settore del no-profit e del volontarismo associativo, che ha provocato un cambiamento nei rapporti tra il Partito-Stato e la società civile cinese.
[IT] Da anni si continua a guardare al settore delle fonti rinnovabili come alla sorgente della tanto agognata rivoluzione energetica, ma una rivoluzione con conseguenze ancora più significative sembra paradossalmente arrivare da due fonti fossili quali il gas naturale ed il petrolio.
[IT] Gli ultimi mesi hanno fatto registrare alcuni timori di un ulteriore rallentamento dell’economia cinese. Nel corso di una recente consultazione con il governo cinese, i rappresentanti del Fondo monetario internazionale (Fmi) hanno annunciato una revisione al ribasso delle stime di crescita del Paese, ora prevista intorno al 7,7% per il 2013 e il 2014, mostrando al contempo nuove stime al rialzo sugli indici di debito pubblico e deficit, intorno al 50% e al 10% del Pil rispettivamente.