Il peso del narcotraffico sulle dinamiche della violenza in Colombia

Il 2016 ha segnato una pietra miliare della storia colombiana. La firma dell’accordo di pace tra il governo e la principale guerrilla del paese, le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia – Esercito del Popolo, note con l’acronimo FARC-EP, ha messo la parola fine a uno dei conflitti civili più longevi dell’epoca contemporanea ed è valso all’amministrazione Santos il premio Nobel per la pace. Dopo cinquantadue anni di violenza, l’accordo non solo ha acceso le speranze per la costruzione di una pace duratura, ma è stato internazionalmente applaudito come efficace strumento per l’eradicazione del principale catalizzatore di violenza del contesto colombiano, il narcotraffico.

La relazione tra la Colombia e il traffico di sostanze stupefacenti ha origini lontane ed è intrisa di sangue e violenza. Eppure, se si desidera individuare il momento in cui il paese ha legato indissolubilmente il suo destino alla produzione di droga, si dovrà volgere lo sguardo verso gli anni Sessanta. Verso la metà del decennio, in un contesto caratterizzato da drammatici livelli di disuguaglianze socioeconomiche ed esclusione politica, emergono le due principali guerrilla del paese, le FARC-EP e l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN). Entrambi i movimenti ribelli sfidano il potere statale proponendosi come alternativa politica e sfruttando la quasi totale assenza di autorità centrale nelle zone periferiche per espandere il proprio controllo territoriale. Al fine di finanziare le proprie attività, procurarsi armamenti e sostenere la loro agenda politica, gli insorti si dedicano ad attività criminali, quali la coltivazione e raffinazione di sostanze illecite e il controllo delle rotte del narcotraffico. Inoltre, l’accesso alle sostanze stupefacenti, favorisce il consolidamento delle relazioni di collaborazione con le comunità locali. Attraverso il coinvolgimento della popolazione nella produzione di droga, i ribelli forniscono un mezzo di sostentamento a fasce di popolazione marginalizzate. Le comunità che cooperano con le guerrilla possono godere della loro protezione rispetto agli attacchi di gruppi rivali, narcotrafficanti e forze governative. Contemporaneamente, i guadagni del narcotraffico permettono agli insorti di consolidare la propria posizione presso le comunità locali attraverso la produzione di servizi basilari come assistenza medica, educazione, infrastrutture e meccanismi di giustizia, ottenendo così un buon grado di legittimità e un ampio supporto popolare, cruciale per il proseguimento dei loro obiettivi politici. Il narcotraffico, dunque, si rivela uno strumento, non solo di sostentamento, ma anche di grande peso politico per gli insorti.

Un membro dell’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN).

Un membro dell’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN).

Fonte: Flikr/Brasil de Fato

Parallelamente, il coinvolgimento nell’economia dei narcotici ha contribuito all’espansione di un altro potente attore armato non-statale, i gruppi paramilitari. Nati come eserciti privati per proteggere proprietari terrieri e signori della droga, i paramilitari vengono in un primo momento tollerati dal governo per la loro funzione di contrasto ai ribelli. Progressivamente, però, attirati dalle opportunità di arricchimento, i paramilitari si inseriscono nella corsa per il controllo dell’economia della droga, generando una spirale di violenza caratterizzata da episodi di brutalizzazione delle popolazioni locali e frequenti scontri con gli insorti.

Per arginare la proliferazione di sostanze stupefacenti, il governo colombiano ha proposto negli anni diverse strategie di controllo del narcotraffico che hanno prodotto, però, scarsi risultati. Degna di nota è certamente la strategia implementata nei primi anni Duemila dall’amministrazione Uribe, conosciuta come Plan Colombia. Il progetto, finanziato dal governo statunitense, aveva lo scopo di reinstaurare il controllo statale sulle aree marginali e assicurare la sicurezza della popolazione. A livello pratico, però, l’operazione si tradusse in una violenta guerra tra forze governative e gruppi armati, provocando migliaia di vittime civili e rivelandosi inefficace e controproducente.

Pensando all’estrema violenza generata dalla competizione per il controllo degli stupefacenti in Colombia, non stupisce l’ottimismo che ha accolto l’accordo di pace del 2016 tra governo e FARC-EP. Con l’intento di risolvere le cause profonde del conflitto, l’accordo si è posto come obiettivo primario quello di trovare una soluzione definitiva per l’eradicazione del narcotraffico, attraverso l’implementazione del Programma Nazionale Integrato per la Sostituzione delle Colture Illecite (PNIS), finalizzato all’eliminazione delle sostanze stupefacenti e alla riduzione del controllo dei gruppi nelle zone rurali. Il programma prevedeva la cessione volontaria delle coltivazioni illeciti da parte dei produttori, in cambio di un compenso monetario e, successivamente, la restituzione dei campi riconvertiti in produzioni alimentari e la creazione di attività economiche sostitutive del narcotraffico.

Tuttavia, a quasi sette anni dalla firma dell’accordo di pace, invece che diminuire, il narcotraffico è cresciuto esponenzialmente, raggiungendo i massimi volumi storici e dimostrando l’inefficacia degli interventi statali. Nonostante il clamore con cui è stato accolto, l’accordo avrebbe dovuto essere interpretato non solo come un traguardo, ma soprattutto, come l’inizio di un lungo processo di riforma e di epurazione del paese della stretta dell’economia della droga. Eppure, la smobilitazione della guerrilla non è stata sufficiente per spezzare il ciclo della violenza nel paese e le dinamiche del contesto colombiano non potrebbero essere più lontane da quelle auspicate al momento della sigla dell’accordo.

Il disarmo delle FARC-EP avrebbe dovuto essere seguito da repentine operazioni per ricostruire la legittimità statale nelle aree liberate. Invece il governo ha fallito nell’allargare il proprio controllo sulle aree smobilitate, creando così un vuoto di potere che è stato immediatamente riempito da altri attori armati non-statali. La competizione per il controllo del territorio e delle coltivazioni appartenute alla guerrilla ha dato inizio a feroci scontri tra i guerriglieri dell’ELN, gruppi formati da dissidenti delle FARC-EP tornati alle armi e nuovi gruppi di paramilitari, conosciuti come ‘bandas criminales’ o BACRIM. Tra questi, il Clan del Golfo o Autodefensas Gaitanistas de Colombia (AGC), gruppo paramilitare impegnato prevalentemente nel narcotraffico, è oggi riconosciuto come la più potente organizzazione criminale del paese.

In risposta alla riorganizzazione degli attori armati non-statali il governo Duque ha reagito attraverso una militarizzazione estrema delle zone periferiche del paese, teatro degli scontri. L’aumento di forze statali non garantisce però maggiore sicurezza ai civili, anzi contribuisce ad aumentare il livello di violenza, spesso indiscriminata. Inoltre, l’eccessiva militarizzazione non fa che accentuare il malcontento delle comunità rurali nei confronti del governo. Difatti, nonostante le promesse di riconversione dei campi, la maggior parte dei terreni requisiti dallo Stato non sono stati restituiti e nessuna forma di sostentamento alternativo è stata prevista, spingendo molti coltivatori insoddisfatti a collaborare con i nuovi gruppi armati. Le comunità, dunque, già private del loro principale mezzo di finanziamento, si sono trovate abbandonate a se stesse in mezzo al fuoco incrociato di forze governative e attori armati non-statali. Il fallimento delle strategie di eradicazione messe in atto da questa amministrazione dimostra come la militarizzazione non sia lo strumento più efficace per smantellare il narcotraffico e fermare le violenze nel paese.

La lotta al narcotraffico ha subito un deciso cambio di rotta nel giugno 2022 con l’elezione di Gustavo Petro, primo leader della sinistra ad assumere la carica nella storia colombiana ed ex militante del gruppo rivoluzionario Movimento 19 Aprile (M-19). La linea politica di Petro segna un netto contrasto rispetto alle politiche delle amministrazioni precedenti. Il suo ambizioso progetto, conosciuto come Paz Total, si prefigge di ridurre la violenza, proteggere i civili e smantellare i numerosi gruppi armati che operano in Colombia. A differenza dei processi di pace precedenti, la Paz Total consiste in negoziazioni simultanee con tutti i gruppi armati attivi sul territorio: alla promessa di tenere fede agli impegni presi nell’accordo di pace del 2016, si aggiungono le negoziazioni con l’ELN e gli altri gruppi armati non-statali. Il governo, inoltre, intende ripensare la strategia di lotta al narcotraffico, ricercando alternative all’approccio militare e proibitivo adottato fino ad ora, promuovendo invece politiche di depenalizzazione per porre fine alla criminalizzazione degli “anelli più deboli della catena”, ovvero i coltivatori, e concentrando gli sforzi nell’eliminazione delle organizzazioni che traggono profitto dal traffico di droga. La campagna di eradicazione sarà ridimensionata, anche se non completamente sospesa, e verranno avviate una serie di consultazioni volontarie per stipulare accordi territoriali con le comunità disposte a sostituire le colture illecite con quelle legali in cambio di incentivi finanziari. L’intento è quello di mettere in difficoltà i cartelli di narcotraffico, rendendo più complesso l’accesso alle sostanze stupefacenti e preparando il terreno per l’obiettivo ultimo del piano di Petro, ovvero la decriminalizzazione di sostanze illecite come la cocaina.

Gustavo Petro durante la commemorazione della giornata internazionale della pace nel 2015.

Gustavo Petro durante la commemorazione della giornata internazionale della pace nel 2015.

Fonte: Flikr/Gustavo Petro Urrego

Il progetto di Petro presenta, però, non poche complessità. Le nuove politiche di lotta al narcotraffico stanno incontrando resistenza a livello nazionale e internazionale, anche alla luce dei dati sull’incremento delle coltivazioni di coca nel paese rilasciati recentemente dalle Nazioni Unite. Inoltre, a pochi mesi dalla sua inaugurazione, la Paz Total sembra vacillare a causa della prematura interruzione del cessate il fuoco tra forze governative e Clan del Golfo.

Nonostante gli sforzi, la questione del narcotraffico in Colombia sembra ben lontana dall’essere risolta. L’economia illegale degli stupefacenti è ormai penetrata in ogni aspetto della società colombiana. In questo senso, per pensare di elaborare una soluzione definitiva al traffico di droga, sarà necessario riconsiderare l’intero sistema. L’eradicazione del narcotraffico sarà strettamente legata alla capacità dello Stato di rispondere alle molteplici economie criminali e, soprattutto, di trasformare le condizioni economiche, sociali e culturali che hanno permesso la loro proliferazione. Questioni come la progettazione di un sistema economico inclusivo, che limiti lo spazio per l’economia sommersa e fornisca forme di sostentamento alternativo al narcotraffico, dovranno ricoprire un ruolo centrale nella strategia governativa. Allo stesso modo, maggiore attenzione deve essere posta alle disuguaglianze socioeconomiche e condizioni delle popolazioni rurali, colmando il divario tra la Colombia urbana e le regioni che hanno sopportato per decenni il peso della violenza e dell’esclusione.

L’attuale contesto colombiano fornisce una perfetta dimostrazione di quanto stretto, indissolubile sia il nesso tra sostanze stupefacenti, violenza e conflitto. Le origini della violenza, infatti, trascendono dalla presenza delle coltivazioni illegali; tuttavia, la natura dell’eterno conflitto non può essere compresa sottostimando l’influenza che il narcotraffico esercita sugli attori coinvolti. Le sostanze stupefacenti hanno plasmato le sorti del paese, modificato le motivazioni e le finalità degli attori armati, fino a diventare la causa scatenante e, al tempo stesso, il fine ultimo della violenza.


Per saperne di più:

Arjona, A. (2016) Rebelocracy. Social Order in the Colombian Civil War. Cambridge University Press. Disponibile su:https://www.cambridge.org/core/books/rebelocracy/67B0396DABAA4AE1C988A2DA3FBAC425

International Crisis Group. (2021) Deeply Rooted: Coca Eradication and Violence in Colombia. Disponibile su: http://www.jstor.org/stable/resrep31431.

Pinzón, V. G. (2020) Colombia: Between the Dividends of Peace and the Shadow of Violence. German Institute of Global and Area Studies (GIGA). Disponibile su: http://www.jstor.org/stable/resrep24817

Vargas, R. (2014) Drugs, armed conflict, and peace. How does the agreement on drugs between the government and the FARC help to put an end to the armed conflict in Colombia?, Transitional Institute. Disponibile su: https://www.tni.org/en/publication/drugs-armed-conflict-and-peace

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