L’oppio e la povertà provocata dallo “sviluppo” nello Stato Shan

Il Myanmar è il secondo produttore mondiale di oppio illegale, dietro soltanto all’Afghanistan. Gran parte delle coltivazioni illecite è prodotta da contadini indigenti nelle regioni montane dello Stato Shan – nella parte orientale del Paese, al confine con Cina, Thailandia e Laos – travolto dai tempi dell’indipendenza del Myanmar da un costante stato di conflitto tra diversi gruppi etnici armati in guerra contro il governo centrale. Oggi dallo Stato Shan proviene oltre il 95% dell’oppio del Sud-est asiatico, di cui la maggior parte è trasformata in eroina all’interno dei confini dello Stato.

Panetti di Number 4 (eroina) confiscati dalle autorità locali, Taunggyi, gennaio 2014. (Immagine: Patrick Meehan).

Negli scorsi dieci anni la produzione di droga in Myanmar è cresciuta, portando ad un incremento della dipendenza nella popolazione, con un impatto devastante in tutto il Myanmar, nonostante la maggior parte della produzione sia commercializzata verso la Cina, dove il consumo di droghe è aumentato drammaticamente negli scorsi tre decenni. Il conflitto, il sottosviluppo e l’anarchia caratterizzanti lo Stato Shan sono stati tradizionalmente individuati quali cause scatenanti il narcotraffico, dato che tradizionalmente si associa il fiorire della produzione di oppio ad aree al di fuori del controllo governativo, escluse dallo sviluppo e dall’integrazione economica. L’ondata di riforme avviata in Myanmar nel 2010 è stata salutata come capace di arginare il flusso di sostanze stupefacenti dalle aree di confine del Paese attraverso la lotta alle insurrezioni, la promozione dello sviluppo economico e il rafforzamento dell’autorità statale in tali regioni.

Tuttavia, questa narrazione si fonda su una visione idealizzata della transizione birmana che raramente riflette il genere di “pace” e “sviluppo” realmente in corso nelle aeree periferiche del Paese. Infatti, la crescita della produzione di droga dell’ultima decade è stata favorita, almeno in parte, dall’aumento della coltivazione di papavero nelle aree stabili dello Stato Shan, complicando il   nesso tra oppio e insurrezione comune a molte narrazioni del commercio illegale di droga in Myanmar. Per comprendere le cause della produzione di droga in Myanmar è necessario analizzare come tale mercato sia diventato parte dei processi di sviluppo economico e di sottosviluppo negli scorsi vent’anni e come gli stupefacenti siano incorporati nelle strutture di governance emergenti in aeree sotto il controllo statale, oltre ad essere una delle attività dell’economia di guerra nelle zone di confine. La grande maggioranza dei contadini che coltivano il papavero da oppio nello Stato Shan vede nella coltura un mezzo per alleviare la povertà, enfatizzando la domanda stabile di oppio e la conseguente reddittività. Infatti, mentre i prezzi “franco azienda” fluttuano, nel caso dell’oppio i contadini possono prevedere che ci saranno sempre compratori grazie all’incessante domanda globale contestuale all’eliminazione delle colture negli ultimi cinquant’anni in Cina, Thailandia e Laos. La domanda costante permette inoltre ai contadini di ottenere prestiti dando a garanzia i raccolti futuri. Nonostante nel tempo tali accordi abbiano condannato molti contadini ad essere sfruttati dagli usurai, in assenza di schemi finanziari dedicati allo sviluppo rurale agli occhi dei coltivatori la possibilità di utilizzare l’oppio come garanzia resta un vantaggio importante. Essendo un prodotto a bassa massa e facile da conservare, l’oppio presenta dei vantaggi rispetto ad altre colture commerciali come la frutta, che invece richiede la possibilità di raggiungere i mercati in tempi brevi e i cui costi di trasporto possono essere considerevoli. Inoltre il papavero da oppio cresce anche su pendii estremamente scoscesi, permettendo ai contadini di trarre profitto da terreni marginali che altrimenti renderebbero poco, e può generare profitti in quattro mesi, in netto contrasto con altre coltivazioni di montagna come il caffè o gli alberi da frutto, che hanno bisogno di anni prima di poter essere sfruttate.

Tali dinamiche sono ampiamente documentate nei numerosi policy report sugli stupefacenti in Myanmar, che però ignorano come, per molte famiglie, le qualità intrinseche alla produzione di papavero da oppio, nel contesto dei più ampi mutamenti politico-economici in atto nelle aree periferiche del Paese, siano divenute più importanti anziché perdere valore. Gli ultimi due decenni hanno, infatti, visto uno dei cambiamenti più profondi nel settore agricolo della storia del Myanmar, determinato dal passaggio all’economia di mercato sostenuto dalla spinta verso attività agricole commerciali su larga scala. Questa transizione è stata favorita da riforme del quadro regolatorio in materia di investimenti e accesso alle risorse, in particolare la Foreign Investment Law del 1988, che per la prima volta concesse agli investitori stranieri di detenere il 100% di un’impresa, e la Wastelands Law del 1991. Più recentemente, tali misure sono state rafforzate dalla Vacant, Fallow and Virgin Lands Management Law introdotta dal governo semi-civile nel marzo 2012, che conferisce a una Commissione Centrale, costituita dal presidente sotto il controllo del Ministero dell’Agricoltura e dell’Irrigazione, il potere di distribuire i terreni privi di un titolo legale per “agricoltura commerciale, allevamento di bestiame, estrazione mineraria e altri scopi ammissibili dal governo”. Così negli scorsi decenni, sotto la retorica della modernizzazione e della riduzione della povertà, i piccoli agricoltori dello Stato Shan, molti dei quali godono di diritti consuetudinari di proprietà fondiaria, hanno dovuto confrontarsi con gli interessi convergenti di militari, governo e settore privato, garantiti da un quadro normativo che facilita e legittima le espropriazioni.

La sfida è aggravata, inoltre, dal declino di molte colture commerciali della regione: nell’ultimo decennio sono calati significativamente i prezzi di tè – importante fonte di reddito per circa seicentomila persone nella parte settentrionale dello Stato Shan – e sigari cheroot, peperoncino e aglio prodotti nella parte meridionale.

Una contadina in una piantagione di tè nel sud dello Stato Shan, 2016. (Immagine: Patrick Meehan).

Di conseguenza molti contadini hanno deciso di puntare sulle coltivazioni promosse dall’industria agroalimentare e molti hanno iniziato ad usare varietà di sementi ibride ad alta resa (HYVs), senza aver piena consapevolezza né dell’aumento di fertilizzanti e pesticidi che tali sementi richiedono, né della volatilità dei prezzi nel mercato globale delle materie prime. In aggiunta i contadini sono spesso costretti a ricorrere a prestiti per acquistare i mezzi di produzione agricoli a tassi da usura, dipendono da intermediari sciacalli per trasportare i raccolti verso i mercati, e sono sempre più soggetti alle oscillazioni meteorologiche a causa delle grandi quantità d’acqua richieste dalle sementi HYVs. Lo sviluppo di pratiche di agricoltura intensiva in assenza di una più ampia strategia di sviluppo rurale a favore dei meno abbienti ha accresciuto fortemente la vulnerabilità dei contadini di fronte a scarsi raccolti e indebitamento, criticità emerse anche a causa della moltitudine di gruppi armati – unità dell’esercito, gruppi aderenti al cessate il fuoco, ribelli e milizie sostenute dal governo – attualmente operativi nello Stato Shan che prelevano risorse dalla popolazione rurale in modo coatto.

In questo contesto, coltivare l’oppio o lavorare in un’azienda che coltiva papaveri è diventato un modo importante di controllare il rischio e ridurre le minacce alla stessa sussistenza emerse nell’ultimo ventennio. Assieme alla migrazione verso la Cina o la Thailandia e nonostante un clima sfavorevole e le distruzioni sporadiche rischino di decimare i raccolti, l’oppio costituisce una fonte vitale per generare reddito e onorare i debiti. Le dinamiche dell’economia dell’oppio possono essere viste come un microcosmo delle più ampie trasformazioni dell’economia rurale dello Stato Shan. Infatti, la coltivazione di oppio rappresenta una strategia di sopravvivenza per le famiglie più povere per far fronte ai rischi provocati dalla commercializzazione dell’agricoltura e da autorità locali predatorie. La crescente importanza economica dell’oppio per finanziare autorità locali formali e informali dimostra anche quanto esso sia connesso alle strutture di governo emergenti nell’area e alle trasformazioni economiche.

Donatori e policy-makers devono comprendere più a fondo come l’oppio sia intimamente connesso agli stessi processi di sviluppo economico comunemente considerati mezzi tramite cui ridurre la povertà, contrastare il mercato di stupefacenti e raggiungere la pace. Strategie di sviluppo rurale e di lotta al narcotraffico basate sulle migliori intenzioni, ma de-politicizzate, continueranno a essere fallimentari, a meno che i decisori comprenderanno come la coltivazione di oppio sia una conseguenza tanto della povertà provocata dallo “sviluppo”, quanto della carenza di sviluppo.

Traduzione dall’inglese a cura di Gabriele Giovannini

*L’analisi si basa su dati raccolti dall’autore nella sua attività di ricerca sul campo condotta nello Stato Shan dal 2011.

Presto anche in inglese nella sezione T.notes

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