Le relazioni tra Cina e Indonesia negli anni di Xi Jinping

Al di là delle fervide speculazioni sulla futura direzione della politica estera cinese, è ragionevole immaginare che le relazioni tra la Cina e l’Indonesia continueranno lungo l’attuale traiettoria di graduale miglioramento. Tuttavia, una valutazione più precisa di come le relazioni bilaterali si evolveranno durante gli anni di Xi Jinping richiederà ancora tempo.

I fondamentali della relazione bilaterale sembrano reggere: l’interscambio commerciale tra i due paesi, per quanto tuttora a svantaggio dell’Indonesia, ha raggiunto i 66 miliardi di dollari Usa nel 2012 – con un incremento di 4 miliardi di dollari sull’anno precedente. A ciò si aggiunga che in Indonesia nessuno dei principali contendenti alle cruciali elezioni politiche del 2014 presenta posizioni particolarmente critiche nei confronti della Rpc. D’altronde, l’elenco dei paesi che i nuovi leader cinesi stanno visitando nei propri viaggi all’estero di inizio mandato suggerisce che il Sud-est asiatico non è tra le priorità di Pechino.

Anche le questioni più spinose per le relazioni tra Cina e Indonesia appaiono al momento congelate. Le crescenti tensioni tra Manila e Taipei stanno momentaneamente distraendo l’attenzione dalle controversie nel Mar cinese meridionale – che coinvolgono la Cina e numerosi vicini dell’Indonesia – così come dalle divisioni interne all’Asean. Per quanto gli effetti dell’Accordo di libero scambio tra Asean e Cina continuino a infastidire alcuni osservatori indonesiani, il governo di Jakarta è al lavoro con le controparti dell’Asean sui negoziati per la Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep) – un accordo che, pur se ancorato al Sud-est asiatico, dovrebbe includere anche Cina, Giappone, Corea del Sud, India, Australia e Nuova Zelanda.

L’avvento di Xi Jinping alla presidenza della Repubblica popolare cinese risale allo scorso marzo ed è quindi necessario del tempo perché i contorni e i toni della politica estera cinese sotto la nuova dirigenza si facciano più chiari. Questo spiega in parte la fase di attesa, almeno stando alla maggior parte degli osservatori indonesiani. Le interpretazioni che vedono una Cina più intransigente potrebbero essere prive di fondamento e le autorità indonesiane, in ogni caso, non appaiono inclini a favorire una maggiore presenza statunitense in Asia.

Ciò non significa tuttavia che una calma piatta sia destinata a caratterizzare le relazioni tra Pechino e Jakarta. Come indicato dal discorso tenuto dal Ministro degli esteri indonesiano Marty Natalegawa a Washington nel maggio scorso, l’Indonesia sta studiando l’idea di un Trattato indo-pacifico di amicizia e cooperazione. Simili progetti di ristrutturazione dell’architettura asiatica – come l’Asia Pacific Community proposta dall’Australia – sono già naufragati in passato, ma l’iniziativa indonesiana potrebbe ricevere un’accoglienza migliore. Dopo tutto, si tratta di un’iniziativa nata all’interno della regione e fondata sul Trattato di amicizia e cooperazione dell’Asean – cui hanno aderito i più svariati paesi, dagli Stati Uniti alla Corea del Nord.

Il trattato proposto da Jakarta aiuterebbe a riformare gli assetti regionali in Asia orientale, con almeno due ricadute positive sulle relazioni sino-indonesiane. Primo, il trattato riaffermerebbe la centralità dell’Asean nello sviluppo di un’agenda per nuovi orizzonti di regionalismo, e questo è importante per l’Indonesia. Nonostante i richiami ad andare oltre l’Asean, per Jakarta l’organizzazione resta un presidio centrale per la propria politica estera, pertanto, azioni che indeboliscano l’Asean – per esempio facendo leva sulle sue divisioni interne – sono contrarie agli interessi del paese. Secondo, il trattato potrebbe aiutare a invertire la tendenza alla sfiducia tra i vari Stati dell’area con riferimento alle controversie territoriali in atto, poiché esso si proporrebbe di gestire – e non necessariamente di risolvere – le medesime controversie. Certo la Cina ha varie ragioni per opporsi all’internazionalizzazione delle controversie territoriali che la riguardano e, in particolare, per rallentare l’adozione di un codice di condotta nel Mar cinese meridionale: in tal modo, però, Pechino sta dissipando un patrimonio di fiducia che aveva saputo costruire con anni di sforzi e potrebbe accorgersi troppo tardi che anche Stati relativamente piccoli possono seriamente incidere sui progetti strategici di un gigante.

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