L’attivismo dei fondi sovrani cinesi in Europa

Dopo essere balzate alla ribalta delle cronache economiche nel periodo clou della crisi finanziaria 2008/2009, le attività dei fondi sovrani sembrano oggi destare meno interesse, nonostante siano invece sensibilmente aumentate in termini di volume, tipo di operazioni, distribuzione geografica e settoriale.

Anche in materia di fondi sovrani, negli ultimi anni la Cina è diventata uno dei principali attori (se non il principale): oltre alla ben nota China Investment Corporation (Cic), spesso erroneamente considerata l’unico fondo sovrano cinese, vi sono altri due attori di importanza ancora maggiore: la Safe Investment Company, il braccio operativo della State Administration of Foreign Exchange (custode delle imponenti riserve valutarie cinesi) e il National Social Security Fund, il principale fondo pensione cinese. A questi si aggiunge poi il China-Africa Development Fund, un equity fund dedicato agli investimenti in Africa costituito nel 2007 dalla China Development Bank. Tra questi quattro attori economici, la Cic rappresenta, soprattutto a livello manageriale, il modello più avanzato e di successo, avendo in breve tempo sviluppato una considerevole esperienza e incorporato funzioni di gestione ed investimento precedentemente affidate ad altre istituzioni finanziarie.

Secondo una delle più accurate classifiche dei fondi sovrani, stilata dal Sovereign Wealth Funds Institute, la Cina è seconda solamente agli Emirati arabi uniti quanto a numero di fondi sovrani, mentre occupa la prima posizione al mondo per capitalizzazione dei propri fondi. Il suo profilo sarebbe ancora più imponente ove si riconducesse alla Cina anche l’Hong Kong Monetary Authority Investment Portfolio, fondo sovrano della Regione amministrativa speciale di Hong Kong (sotto sovranità cinese, ma dotata di ampia autonomia).

Complessivamente i quattro fondi sovrani cinesi hanno una capitalizzazione stimata in 831 miliardi di dollari, da investire in Cina e all’estero. Vari fattori, tra cui l’eccessivo tasso di investimenti in rapporto al Pil in Cina (un impressionante 47,8% che la colloca al primo posto al mondo), la volontà di diversificare i profili di rischio e la necessità di mantenere lo yuan sottovalutato rispetto a dollaro, euro ed altre valute, fanno sì che i gestori dei fondi sovrani cinesi siano incoraggiati ad investire principalmente all’estero.

L’avversione delle autorità cinesi per i regimi di trasparenza si riflette anche sulle attività dei fondi sovrani e pertanto i dati e le informazioni ufficiali sugli investimenti compiuti da Pechino scarseggiano. Stando al Linaburg-Maduell Transparency Index (indice che misura la trasparenza informativa dei fondi sovrani), la Safe (il principale fondo sovrano cinese e quarto al mondo) raggiunge un valore di appena 2 su una scala 1-10, mentre il fondo sovrano cinese più trasparente, la Cic, non va oltre 7 su 10, al diciassettesimo posto su scala globale. Una delle conseguenze più importanti della scarsa trasparenza dei fondi sovrani cinesi è l’impossibilità di verificare la distribuzione geografica complessiva del loro portafoglio. A ciò si aggiungono seri dubbi in merito alle informazioni fornite sull’effettiva capitalizzazione dei fondi, che molti sostengono essere sensibilmente superiore agli 831 miliardi di dollari dichiarati.

I fondi sovrani cinesi, stando alle poche informazioni ufficiali disponibili, hanno realizzato operazioni come l’acquisizione da parte di Cic del 2,3% del fondo di private equity Apax Partners e del 14% del gruppo immobiliare britannico Songbird Estates Ltd.. In realtà le attività dei fondi sovrani cinesi in Europa sono molto più consistenti. La Cic, in particolare, sta concentrando una crescente parte dei propri capitali in Europa, soprattutto in grandi società che operano in settori strategici, quali l’energia, il green-tech, l’automotive e i beni di consumo. Considerazioni a parte devono essere fatte per la Safe, attiva principalmente in operazioni di acquisto di titoli di debito pubblico ma interessata sempre più anche a investimenti diretti, soprattutto in uno scenario come quello europeo che presenta interessanti opportunità nei paesi dell’Europa orientale o in stati in difficoltà quali Grecia, Irlanda e Spagna. Come detto sopra, a differenza della Cic, la Safe non rilascia informazioni sulle proprie attività e opera in genere attraverso uffici di Hong Kong e Londra, prestando la massima attenzione a non superare le soglie di investimento che determinano l’insorgere di obblighi informativi.

L’Europa rappresenta per molti versi una destinazione ideale per i fondi sovrani cinesi. Vari fattori, fra cui l’assenza di meccanismi di controllo degli investimenti esteri simili a quelli presenti negli Stati Uniti o in Australia (l’Unione europea finora non è andata oltre l’adozione di un documento programmatico), l’esistenza di mercati di capitali sviluppati e la presenza di grandi imprese con forte bisogno di liquidità, determinano una diffusa disponibilità di vantaggiose occasioni di investimento. È quindi probabile che le attività dei fondi sovrani cinesi in Europa aumentino sensibilmente nei prossimi mesi. È auspicabile pertanto che governi nazionali e istituzioni comunitarie svolgano un’opera più assidua ed efficace di monitoraggio degli interessi di Pechino nell’Unione.

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