[LA RECENSIONE] Tra poco la Cina. Gli equilibri del mondo prossimo venturo

Davide Cucino Tra poco la Cina. Gli equilibri del mondo prossimo venturo Torino, Bollati Boringhieri, 2012

 

“L’intento di quest’opera è accompagnare il lettore attraverso quattro contesti, tutti ugualmente significativi, in cui la Cina, a partire dall’avvio delle riforme di Deng Xiaoping, sta costruendo una strategia per riconquistare la posizione che probabilmente le spetta per dimensione, per bagaglio storico e culturale e per produzione di ricchezza”. Il lettore sarà perdonato se penserà che questo brano rappresenti l’incipit dell’introduzione della novità editoriale che presentiamo questo mese: si tratta invece dell’inizio delle osservazioni conclusive di un libro che, dopo la prefazione, si getta a capofitto nella sostanza degli argomenti.

Davide Cucino, sinologo, attualmente Presidente della European Union Chamber of Commerce a Pechino, ci trascina subito nel primo contesto, rappresentato dalla penetrazione economica della Cina in Africa, America Latina, Asia, Europa e Nordamerica, mostrando come, utilizzando “politiche miste di soft e hard power” (p. 17) la Cina – agendo come sistema-paese in grado di utilizzare strumenti e attori diversi, dagli accordi governativi bilaterali, alle aziende di Stato, alle banche – riesca pragmaticamente a ottenere il massimo vantaggio economico con il minimo costo politico. Il secondo capitolo è dedicato ai concetti di soft power con caratteristiche cinesi, su cui si è scritto molto nell’ultimo decennio, di smart power e di subtle power, quest’ultimo rappresentato, secondo le parole di David Gosset “dall’arte di utilizzare tre assiomi minimalisti – non-confronto, non-interferenza e disponibilità a cambiamenti di paradigma – compatibili con il pensiero strategico cinese classico” (p. 53).

L’autore è vicino alle posizioni degli analisti che criticano l’eccessiva rigidità della distinzione tra soft power e hard power, in quanto possono “generarsi reazioni negative ad attività morbide”, mentre “l’hard power [può] avere notevoli elementi di attrazione” (pp. 53-54). Nonostante ad esempio il notevole investimento nelle strategie di comunicazione, che ormai sono applicate ovunque, nei media ufficiali come nei Libri bianchi, nei comunicati dell’esercito come nell’attività degli Istituti Confucio sparsi per il mondo, Cucino osserva: “È come se ci fosse sempre una barriera invisibile che impedisce alle due parti di interagire per trovare un linguaggio comune” (p. 59).

La parte dedicata agli “esercizi di diplomazia multilaterale” analizza quindi le relazioni con i Paesi ASEAN, con l’Asia centrale (nell’ambito della Shanghai Cooperation Organization), sullo sfondo della diffidenza strategica sino-americana che molti analisti considerano una conseguenza del prepotente “ritorno” sulla scena asiatica di Washington – anche se, come hanno più volte ribadito Hillary Clinton e Barack Obama, gli Stati Uniti non hanno mai lasciato l’area perché ad essa appartengono geograficamente, in quanto potenza del Pacifico.

Il quarto capitolo, dedicato all’hard power cinese (e all’ “approccio soft dell’hard power”, p. 115), è la parte forse più interessante del libro, perché, dalle dispute nel Mar cinese meridionale alla guerra informatica, dall’utilizzo dello spazio alla questione di Taiwan, vengono passati “in rassegna i principali episodi che ci inducono a pensare che la Cina, pur senza volere a tutti i costi irrompere in un contesto bellico, si prepari a dimostrare la sua capacità di divenire una superpotenza militare di primo piano” (p. 115). Il testo rappresenta un utile esercizio di sistemazione di dati e di commenti con lo scopo di offrire uno sguardo d’insieme sulla presenza e sul ruolo della Rpc sullo scacchiere mondiale.

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