[LA RECENSIONE] Lontane, vicine. Le relazioni fra Cina e Italia nel Novecento

Guido Samarani, Laura De Giorgi Lontane, vicine. Le relazioni fra Cina e Italia nel Novecento Carocci, Roma 2011

 

A quarant’anni esatti dalla normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Italia e Cina 1970-2010), Guido Samarani e Laura De Giorgi tracciano la storia novecentesca dei rapporti politici, economici e culturali tra Roma e Pechino, mostrandone la ricchezza al di là della retorica, con lo scopo anche di “fornire una serie di informazioni, analisi, letture e interpretazioni che consentano di colmare un vuoto storiografico non più giustificabile” (p. 14). Il libro segue una periodizzazione che tiene conto delle principali tappe storiche dei due Paesi: dall’unità d’Italia alla fondazione della Repubblica Cinese; Regno d’Italia e Repubblica di Cina (1912-22); Italia fascista e Cina tra le due guerre (1922-37); gli anni della Seconda guerra mondiale; Roma fra Pechino e Taipei (1949-70); dal 1970 all’inizio del XXI secolo.

Già nel 1992, in un contesto di isolamento internazionale della Cina a seguito della repressione delle manifestazioni di Tian’anmen, il premier cinese Li Peng riconosceva all’Italia un ruolo politico di “ponte” fra la Cina e il mondo occidentale (p. 143). In effetti, “il complicato rapporto con la modernità” (p. 155) dei due paesi (eredi di civiltà antichissime) culturalmente li avvicina, e inoltre la limitata presenza coloniale italiana (relativamente ad altri paesi europei) pone l’Italia agli occhi dei cinesi in una luce meno negativa. Dal testo emerge tuttavia una critica costruttiva al sistema politico italiano degli ultimi vent’anni, che, troppo concentrato sulle proprie trasformazioni interne proprio a partire dalla fine della guerra fredda, ha perso molte occasioni per incrementare la propria presenza in Cina (basti pensare alla mancata partecipazione alla costruzione dell’area di Pudong all’inizio degli anni ‘90), anche a causa del mancato coordinamento tra le diverse istituzioni centrali e locali, o ha utilizzato la “minaccia cinese” in chiave di ricerca del consenso elettorale.

Un paragrafo dell’ultimo capitolo è dedicato alla presenza dei cinesi in Italia, che costituiscono ormai una comunità variegata e diversificata per il ruolo economico che svolgono (non più limitato alla ristorazione e alle produzioni a basso costo del lavoro), ma che sono ancora vittima di troppi pregiudizi da parte dell’opinione pubblica italiana.

Dunque, Cina e Italia, vicine o lontane? La conclusione degli autori è che la moltiplicazione degli scambi a più livelli, frutto evidente della globalizzazione, ha reso i due Paesi molto vicini, ma la permanenza di “vecchi stereotipi e superficiali” (p. 156) sottopone la dinamica dei rapporti a continue pressioni di allontanamento e di diffidenza reciproca. Perciò vi è “la necessità di delineare in modo più accurato la politica italiana verso la Cina” (p. 157), tentativo che, come dimostrano anche gli articoli in questo numero della rivista, pare essere finalmente in atto.

Da “Lontane, vicine” si trae un duplice insegnamento: che, come cittadini, occorre chiedere la fine della lunga transizione politica interna italiana, affinché tutto il Paese possa tornare a rivolgere uno sguardo più attento e consapevole al mondo (e all’Asia in particolare); e che, come studiosi, bisogna adoperarsi per tenere viva la curiosità che anima il desiderio di conoscenza della complessa realtà cinese.

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