[LA RECENSIONE] Il Modello Cina – Quadro politico e sviluppo economico

A cura di Marina Miranda e Alessandra Spalletta Il Modello Cina – Quadro politico e sviluppo economico L’Asino d’oro edizioni, Roma 2011

 

Il 3 novembre 2010 eminenti sinologi e studiosi italiani e stranieri si diedero appuntamento alla Facoltà di Studi orientali dell’Università di Roma “La Sapienza” per un convegno dal titolo Dentro il “modello Cina” – Quadro politico e sviluppo economico. Gli interventi al convegno sono raccolti in questo interessante volume, assai ben curato da Marina Miranda, professore associato di Storia della Cina contemporanea a “La Sapienza”, e da Alessandra Spalletta, coordinatrice del portale “AgiChina24”.

Il convegno ebbe il merito di focalizzare nel dibattito accademico italiano il tema del “modello Cina”, un argomento che all’estero appassiona gli specialisti ormai da qualche anno. Esiste un nuovo modello politico-economico che Pechino possa presentare in maniera plausibile come alternativa al modello liberale così ben incarnato dagli Stati Uniti nel XX secolo, e che l’Occidente stesso teme sia oggi al tramonto? E se la risposta è affermativa, quali caratteristiche avrebbe questo modello? Il libro ha il grande merito di non offrire spiegazioni a buon mercato; dà piuttosto conto della ricchezza e della complessità dei termini del discorso, suscitando nel lettore la curiosità per ulteriori approfondimenti.

Nelle quattro parti in cui Il Modello Cina è diviso, si analizzano gli sviluppi di politica interna, alcuni risvolti di politica internazionale, le questioni economiche, e gli “elementi del dibattito”. Quest’ultima parte ha un suo particolare interesse in quanto ospita la traduzione di articoli di intellettuali cinesi “liberali” (o “reazionari”, dipende dalla prospettiva) come Yu Jie (autore del libro Il Miglior attore cinese, Wen Jiabao, pubblicato a Hong Kong), Yang Jisheng e Fang Ming, tutti molto critici verso le scelte economiche (troppo sbilanciate in favore del capitale) e l’immobilismo politico del governo di Pechino (conseguenza inevitabile di un modello “non sostenibile” che premierebbe le clientele e non costituirebbe garanzia di progresso). I capitoli di questi autori si inseriscono perfettamente nella struttura del libro e, se letti alla fine, sono ricchi di spunti per collegamenti con gli altri capitoli.

Ho sostenuto altrove come non esista alcun “modello Cina” che possa assurgere a esempio di crescita economica con caratteristiche specifiche e diverse dal modello capitalistico, che invece è in grado di adattarsi mutevolmente alle condizioni storiche e politiche dei diversi paesi, conservando nelle diverse varianti (inclusa quella cinese, che presenta sicure peculiarità) la stessa modalità di funzionamento basata sulla cooperazione tra istituzioni e mercati per generare di continuo commercio, investimenti, profitti. In questo senso il capitalismo è compatibile con l’autocrazia dello “stato reclamante” cinese, che ha permesso il decollo economico ma non necessariamente ne assicura la sostenibilità. Il sistema presenta infatti pericolose faglie e forse ha ragione Yu Jie quando, a conclusione del suo saggio, afferma che “senza dubbio l’ascesa della Cina deve compiersi, ma è necessario che questa ascesa cambi tipo di modello”.

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