La Cina nella trappola demografica

La Cina si trova oggi ad affrontare l’invecchiamento della popolazione, una sfida che con ogni probabilità si aggraverà nel prossimo decennio con il rischio di soffocare lo sviluppo economico del paese. La questione suscita forti preoccupazioni nel mondo accademico e nella cerchia dei decisori. Come rivela il World Population Prospects delle Nazioni Unite, la popolazione cinese raggiungerà i 1,396 miliardi, il suo picco, nel 2026, per poi scendere rapidamente a 1,295 miliardi entro il 2050.

Secondo il censimento nazionale del 2010, la popolazione cinese ha raggiunto gli 1,34 miliardi. Coloro che hanno 60 anni o più rappresentano ormai il 13,26%, mentre i cinesi con 14 anni o meno sono il 16,6%. Si stima che oltre il 30% della popolazione avrà 60 anni o più nel 2050. Il censimento indica anche che quasi la metà dei cinesi vive ora in città, in forte aumento rispetto a dieci anni fa (36%). La tendenza all’invecchiamento sta accelerando, mentre il processo di urbanizzazione continua. La Cina potrebbe quindi ritrovarsi senza la manodopera necessaria a sostenere la crescita economica, nel momento in cui saranno invece necessarie nuove risorse per provvedere a centinaia di milioni di anziani. È difficile che una Cina che invecchia rimanga un paese in ascesa.

Sin dall’adozione della politica del figlio unico nel 1980, il controllo demografico si è concentrato su come contenere la crescita della popolazione, e non su come assicurarne una distribuzione equilibrata fra le varie fasce d’età. La trasformazione demografica che ne è derivata ha prodotto una situazione di “invecchiamento prima del raggiungimento del benessere”. Il tasso di fertilità si è mantenuto a livelli molto bassi per vent’anni ed è ora inferiore a 1,5. La Cina rischia così di cadere nella “trappola della bassa fertilità”. I benefici iniziali della politica demografica, che in passato sono stati particolarmente rilevanti in campo economico, si sono ormai esauriti. Serve quindi una profonda riforma dei meccanismi istituzionali che regolano immigrazione, istruzione, lavoro, previdenza sociale e politica fiscale.

La sfida demografica chiama in causa la sostenibilità dello sviluppo economico e la stabilità sociale. Molti tra i più autorevoli studiosi cinesi, così come numerosi decisori, ritengono sia giunto ormai il momento per la Cina di cambiare politica demografica, introducendo riforme sistematiche. Primo, è necessario allentare la politica del figlio unico, attuando politiche a sostegno della natalità, che innalzino il tasso di fertilità tra le nuove generazioni per compensare l’invecchiamento della popolazione. Secondo, è necessario mobilitare la forza lavoro disponibile attraverso la meccanizzazione dell’agricoltura e la rimozione delle restrizioni alle migrazioni interne. È possibile utilizzare la forza lavoro delle province interne, ma sono anche urgenti interventi in materia di istruzione e formazione professionale che accrescano il livello di specializzazione della forza lavoro. Terzo, la Cina ha bisogno di politiche intelligenti che affrontino la contraddizione tra un tasso di risparmio elevato – proprio di una società che invecchia – e la scarsa crescita del consumo interno, cruciale per un’economia più equilibrata.

Al tempo stesso, l’invecchiamento della popolazione cinese offre una grande opportunità per gli investitori stranieri. La domanda di beni e servizi associati alla cura degli anziani è vastissima e il governo cinese ha introdotto importanti cambiamenti nel finanziamento, nella regolamentazione e nella gestione del sistema sanitario, con l’obiettivo di ridurre i costi presenti e futuri delle politiche a sostegno degli anziani. In quest’ottica, il governo sta incentivando a diversi livelli la partecipazione di capitali privati e stranieri, anche nel tentativo di ampliare gli investimenti nei fondi pensione nazionali, che secondo dati OCSE ammontavano ad appena 41 miliardi di dollari USA nel 2010, contro i 10.500 miliardi degli Stati Uniti. La Cina ha urgente bisogno del know-how internazionale e dell’intervento delle più qualificate società straniere per migliorare la gestione dei propri fondi pensione.

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