Governo e società civile ai ferri corti a Zengcheng

Dal 10 al 15 giugno scorso migliaia di lavoratori migranti, in maggioranza provenienti dalla Provincia del Sichuan, sono scesi in piazza a Zengcheng, una città industriale vicino a Canton, un tempo prospera ma che oggi è afflitta da un’economia in frenata. I lavoratori hanno saccheggiato negozi, rovesciato automobili, preso d’assalto uffici pubblici e fabbriche; sono stati fermati solo in seguito all’arrivo sulla scena di migliaia di soldati dell’Esercito Popolare di Liberazione e di poliziotti dei reparti anti-sommossa.

È il primo violento tumulto su larga scala dal 2009, quando un gruppo di contadini in una contea dell’Hubei, nella Cina centrale, attaccarono gli edifici governativi. La rivolta di Zengcheng è stata innescata dal pestaggio di una spacciatrice del Sichuan, in stato di gravidanza, e di suo marito, da parte di un manipolo di violenti assoldati dalla forza di polizia locale (cantonese). La successiva sommossa è stata letta da alcuni come un regolamento di conti tra la comunità sichuanese e quella cantonese. C’è del vero in questa interpretazione. Tra cantonesi e sichuanesi sono forti le differenze dialettali, culturali e culinarie. Quando nella città esplode un conflitto, queste differenze riemergono prepotentemente come fattore identitario, segnando il confine tra nemico e amico. L’ostilità di gruppo tra residenti indigeni e abitanti temporanei (specialmente quando gli ospiti provengono anche da una regione culturalmente eterogenea) è ricorrente nella storia della Cina e ha avuto un ruolo significativo in molti eventi epocali quali la ribellione Taiping a metà del diciannovesimo secolo.

A Zengcheng, però, importanti differenze di classe si sono sommate alle differenze regionali. I locali sono in misura predominante commercianti e proprietari terrieri, mentre i sichuanesi sono in massima parte lavoratori nelle fabbriche, o dediti a varie attività nel sottobosco urbano (non di rado illegali). Ciò fa pensare più ad un conflitto di classe che a frizioni campanilistiche. Un buon paragone è l’esperienza di molti irlandesi o di altri immigrati cattolici in America all’inizio del XX secolo, quando a scontrarsi in città come New York o Philadelphia erano la classe operaia protestante (anglo-americana), e quella cattolica (proveniente dall’Europa continentale). Erano rivolte basate su differenze etniche e regionali, laddove la sommossa di Zenghceng ha certamente avuto una dinamica più complicata, essendo avvenuta tra i lavoratori migranti (poveri) e i ricchi abitanti originari del luogo.

Si deve quindi concludere che la vicenda di Zengcheng trae origine più dalle differenze di classe che da quelle regionali? Sembrerebbe di sì, ma non va trascurato un terzo fattore: il conflitto tra governo e società civile. La coppia sichuanese è stata infatti picchiata da scagnozzi assoldati dalla polizia del governo cittadino. Nel sistema cinese i posti di lavoro pubblici sono di solito accessibili solo ai residenti originari del luogo. Ciò significa che il confine tra i “locali” e gli “ospiti” (immigrati) separa non solo le classi sociali, ma ancor di più governo e cittadini. Violenze e soprusi commessi direttamente o indirettamente dalle autorità hanno causato molti disordini in vari altri luoghi, come nel caso della rivolta del 2009 nella Cina centrale, e, lo scorso maggio, in Jiangxi, dove un uomo sfrattato dall’abitazione senza equo indennizzo si fece esplodere danneggiando tre edifici governativi.

In effetti, un rapporto e un’inchiesta condotti a Zengcheng hanno attestato che la violenza tra i civili locali e i lavoratori immigrati sichuanesi è stata molto contenuta (sebbene entrambi i gruppi fossero in allerta l’uno contro l’altro), mentre gli scontri più duri si sono verificati nei primi due giorni della rivolta tra la polizia locale (e i violenti da questa assoldati) e i lavoratori.

La rivolta di Zengcheng è un campanello d’allarme per il governo cinese. Pechino sembra stia sempre più perdendo il controllo sui suoi subordinati, mentre la repressione messa in atto da molti governi locali sta minando alle fondamenta la fiducia dei cittadini in una strategia di riforma graduale del sistema politico. L’intervento dell’esercito regolare a Zengcheng non ha fatto che alimentare il risentimento nei confronti del governo centrale e di quello provinciale. D’altra parte, a causa del rallentamento della crescita economica della Cina gli strati inferiori della società, come i lavoratori sichuanesi a Zengcheng, vedono scemare la speranza di migliorare la loro condizione, con il rischio che si scatenino disordini e violenze. La Cina ha 200 milioni di lavoratori migranti e, se l’attesa di cambiamenti politici continua ad essere frustrata, casi come quello di Zengcheng potrebbero diventare sempre più frequenti.

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