La “prova digitale” nella protezione dei diritti umani nelle Filippine: una lezione dal “caso Nuezca”

Nel dicembre 2020[1], un ufficiale di polizia si consegnò volontariamente alle autorità per essere incriminato dell’omicidio di una madre e del proprio figlio nella provincia di Tarlac, a nord della capitale Manila. In qualsiasi parte del mondo questa notizia sarebbe stata considerata un evento ordinario che dimostra il normale funzionamento del sistema di giustizia penale. Ma nelle Filippine di Duterte la “guerra alla droga” portata avanti dalla polizia in maniera aggressiva incombe sulla società. Esiste una certa impunità per le cosiddette “uccisioni extragiudiziali”, garantita dall’esplicita istigazione a commettere tali crimini dello stesso presidente, il quale ha inoltre promesso di difendere le proprie forze di sicurezza. Le organizzazioni dei diritti umani indicano che sono decine di migliaia le uccisioni extragiudiziali legate alla lotta alla droga commesse dalla polizia e dai vigilantes. Coloro che si macchiano di questi assassinii sono perseguiti molto raramente, e tantomeno si consegnano alle autorità e affrontano le conseguenze legali dei loro misfatti. L’amministrazione ricorre a una retorica infuocata contro i diritti umani per i criminali, i critici e altre persone indesiderate. Così, la società civile filippina fa fatica a trovare dei modi efficaci per proteggere la popolazione dalle esecuzioni extragiudiziali, facendo spesso affidamento sull’ancora di salvezza fornita dai sostenitori internazionali.

L’incidente di Tarlac costituisce un valido esempio di come la gente faccia ricorso alla tecnologia digitale di uso comune per denunciare gli abusi, un atto da cui la società civile filippina può trarre beneficio. Senza dubbio, ciò che differenzia l’incidente di Tarlac da altri misfatti dello stesso tipo è che l’uccisione è stata ripresa in un video da un testimone. Al contrario, ciò non è mai stato fatto per gran parte degli assassinii, malgrado essi siano stati riportati e raccontati dai media. Il filmato[2], ripreso con uno smartphone da un parente delle vittime che si trovava nei pressi del luogo dell’incidente, mostra il litigio avuto dal poliziotto fuori servizio, Jonel Nuezca, accompagnato dalla sua giovane figlia, con Sonya Gregorio e suo figlio Frank, mentre questi ultimi si trovavano all’interno della loro proprietà. La figlia urlò ai Gregorio: “Mio padre è un poliziotto”, prima che Nuezca sparasse alla madre e al figlio da pochi centimetri, in presenza non solo della figlia bensì anche dei parenti e degli ospiti delle vittime. Il filmato è circolato sui social, provocando lo sdegno generale degli spettatori. Le critiche dell’opinione pubblica si diffusero molto velocemente, tanto da attirare l’attenzione del Governo e da indurre gli uomini di Duterte a riconoscere che la condotta del poliziotto fuori servizio fosse in quel caso inaccettabile. Mentre dichiaravano che si trattava di un “incidente isolato”, i funzionari governativi promettevano di incriminare e punire il poliziotto[3].

La prova video e la documentazione dell’abuso perpetrato dal poliziotto

La “guerra alla droga” delle Filippine è verosimilmente tra le campagne antidroga più aggressive a livello mondiale, che va a colpire principalmente spacciatori di strada e tossicodipendenti tra la gente comune, anziché i fornitori consolidati. Il Governo delle Filippine ha ammesso che le vittime di questa guerra sono state finora migliaia[4] e gli studiosi stimano che da un calcolo più accurato la cifra potrebbe essere più alta di circa tre volte[5] rispetto a quella indicata dalle statistiche ufficiali. Le organizzazioni filippine e internazionali hanno documentato le esecuzioni extragiudiziali nella guerra alla droga di Duterte grazie alle testimonianze, ai documenti ufficiali e ai report rilasciati dai media[6]. Il risultato è che sono state in grado di conservare le prove di reato e di fornire informazioni ai tribunali filippini, alle Nazioni Unite e alla Corte Penale Internazionale (CPI) utili a imbastire contro il Governo filippino un procedimento di indagine e azione penale per violazione dei diritti umani e per crimini internazionali.

Duterte ha finora risposto alle uccisioni extragiudiziali documentate con smentite, disinformazione e attacchi virulenti contro i diritti umani e i loro sostenitori, inclusi le organizzazioni, i giudici, l’inviato speciale delle Nazioni Unite e il procuratore della CPI. L’atteggiamento che il Governo lascia trasparire è generalmente molto aggressivo e intollerante verso le opinioni dissenzienti ed è, inoltre, conosciuto per essere appoggiato da un sofisticato sistema di disinformazione[7] e di provocazione volto a intimidire la società nel più totale silenzio, ad assecondare la violenza e a incoraggiare i comportamenti più illiberali. Il consumo di fake news e la diffusione di massa delle strategie di comunicazione nell’era della “post-verità” hanno particolarmente attecchito nelle Filippine, malgrado il suo decrepito sistema infrastrutturale dell’informazione e la mancanza di regole. Esiste una diffusa percezione, rinfrancata dai sondaggi, secondo cui Duterte gode del sostegno, e dell’ammirazione, dell’opinione pubblica filippina. Ciò lo ha incoraggiato a adottare sempre di più misure draconiane per consolidare il proprio potere, come ad esempio l’emendamento[8] alla legge antiterrorismo.

Sulla base di questo contesto, sembrerebbe che i filippini siano indifferenti verso le uccisioni e l’abuso di potere. Ma ciò è falso, anche perché gli abusi perpetrati dalla polizia hanno qualche volta stimolato ampi segmenti della società filippina. Nel 2017, l’uccisione del diciasettenne Kian Loyd delos Santos a Caloocan City[9], nella Metro Manila, suscitò l’indignazione dell’opinione pubblica, tanto da costringere le autorità ad avviare un’inchiesta e intentare una causa. Esattamente come in occasione del caso di Tarlac, anche in questa circostanza è stato filmato un video, ripreso dalle telecamere pubbliche a circuito chiuso della cittadina. Il filmato che mostra Kian trascinato dalla polizia è circolato diffusamente sui social media, e le autorità hanno avuto parecchie difficoltà a smentire l’accaduto.

Analogamente, nel pieno dello stringente lockdown imposto su Manila a causa della pandemia da COVID-19, la polizia ha assestato una serie di colpi di arma da fuoco, risultati fatali, nei confronti di una persona con problemi mentali – un ex militare con un problema di disturbo da stress post-traumatico – che stava camminando per strada in violazione delle regole sulle chiusure. Nel tentativo di applicare i metodi della guerra alla droga alla pandemia, Duterte aveva dapprima giurato di uccidere tutti coloro i quali non avessero rispettato il lockdown[10], ma ciò non aveva impedito ai cittadini di Manila di manifestare il proprio dissenso nei confronti dell’applicazione prepotente delle regole. La protesta pubblica, anche in questo caso, è stata ripresa da una telecamera a circuito chiuso, che mostrava i tentativi dei residenti volti a bloccare l’azione della polizia contro la vittima. Alla fine, il killer si consegnò di sua sponte alle autorità e fu incriminato.

Ogniqualvolta gli abusi della polizia sono stati filmati, abbiamo notato una reazione positiva da parte sia dell’opinione pubblica sia dell’amministrazione Duterte, entrambe raramente sensibili alle forme più tradizionali della difesa e della promozione dei diritti umani.

Il coinvolgimento della cittadinanza nella protezione dei diritti umani

L’incidente che ha coinvolto i Gregorio ha mostrato che la gente comune sia diventata maggiormente consapevole dell’utilizzo delle videocamere, degli smartphone e dei social media come forme di protezione contro gli abusi. In ogni parte del mondo, la tecnologia digitale ha già giocato un ruolo fondamentale nel documentare le violazioni dei diritti umani e dei crimini internazionali. Inoltre, le prove digitali hanno in sostanza contribuito a costringere i perpetratori di abusi e di truci delitti a un’assunzione di responsabilità.

Il combinato disposto di diritti umani e tecnologia è uno dei nuovissimi sottocampi della ricerca sui diritti umani[11]. Gli studiosi hanno riconosciuto che la tecnologia digitale offre enormi vantaggi e nuove opportunità per la protezione e l’avanzamento dei diritti umani fondamentali[12]. Le immagini digitali e le prove video, ad esempio, sono state capaci di catturare i dettagli degli eventi con un grado di accuratezza che la testimonianza di una persona, che conta solo sulla memoria e sui ricordi, non sarebbe semplicemente in grado di fare[13]. Il ricorso alla prova digitale ha avuto un impatto cruciale per il perseguimento dell’azione penale di certi reati davanti alla CPI[14]. Le immagini satellitari e i video con i droni, combinati con le statistiche, consentono di visualizzare o di presentare situazioni complesse che determinano un impatto potente sull’audience di riferimento[15]. Inoltre, dichiarando autentici i filmati messi a disposizione da certi utenti e rendendoli poi disponibile online, gli attivisti dei diritti umani possono utilizzare a fini di sensibilizzazione quelle prove che, originariamente, non erano state prodotte. Un fulgido esempio è, in questo senso, rappresentato dal lavoro del blogger britannico Eliot Higgins e della sua rete di giornalisti locali che analizzò i video caricati da utenti su YouTube e Facebook per identificare e rilevare il tracciamento delle armi utilizzate nel conflitto in Siria.[16]

Una tesi chiave della letteratura esistente in materia presenta la tecnologia digitale come un mezzo di democratizzazione dei diritti umani. La visione tradizionale dell’attivismo per i diritti umani implica che, per produrre o trasmettere le prove, sia necessario che attivisti professionisti o ben preparati trovino e intervistino i testimoni. Nell’attività di advocacy che ricorre alla prova digitale, esistono invece più persone comuni – incluse quelle che vivono nei luoghi più difficili da trovare – a cui è consentito di partecipare alla produzione e alla disseminazione delle prove a uso esclusivo dell’advocacy medesima. Di conseguenza, si rileva che ciò accresce il grado di recepimento della questione dei diritti umani da parte della società[17].

Se è vero che le opportunità sono enormi, l’uso della tecnologia digitale per la promozione dei diritti umani implica anche dei pericoli. Ad esempio, il crowdsourcing può portare a informazioni sulle violazioni inesatte o inattendibili e all’inganno degli attivisti e dei cittadini, data la facilità con cui le immagini possono essere manipolate. La messa a rischio della sicurezza degli attivisti, in particolare i reporter locali, è un altro grande problema in quanto l’informazione digitale può contenere segni identificativi, mentre cellulari e altre applicazioni digitali possono essere solitamente tracciati e prendere di mira i proprietari e i loro contatti[18]. Ad ogni modo, gli attivisti digitali hanno sviluppato un numero sempre crescente di best-practice che mitigano questi rischi, come una certa varietà di strumenti di controllo che consentono di verificare se le immagini digitali sono state manipolate[19], oppure sistemi che massimizzano la fiducia nei reporter, come il cosiddetto “crowdseeding”[20], attraverso i quali l’attività di inchiesta è portata avanti da pochi fidati rappresentanti[21].

Conclusioni

La prova video e i social media hanno ripetutamente capovolto la narrazione secondo cui l’opinione pubblica filippina sarebbe tollerante verso la violenza e l’abuso di potere. Sfruttare il potenziale dato dalla tecnologia digitale per la protezione dei diritti umani dovrebbe essere una priorità urgente per la società civile filippina e i sostenitori internazionali.

Traduzione dall’inglese a cura di Raimondo Neironi


Note bibliografiche

[1] BBC (2020), “Philippines Police Officer Charged over Mother and Son Murder”, 21 dicembre, disponibile online al link https://www.bbc.com/news/world-asia-55376421.

[2] Il video, circolato sui social, è disponibile su Facebook alla pagina https://www.facebook.com/paniqui2307/posts/218009543164369.

[3] CNN Philippines (2020), Cop Who Shot Mother and Son in Tarlac to Face Murder Charges, 21 dicembre, disponibile online al link https://www.cnnphilippines.com/news/2020/12/21/Paniqui-Tarlac-police-shooting-Jonel-Nuezca-Sonya-Frank-Gregorio.html.

[4] Philippine Drug Enforcement Agency, Republic of the Philippines, Office of the President (2020), #RealnumbersPH, disponibile online al link https://pdea.gov.ph/2-uncategorised/279-realnumbersph.

[5] Ball, P. et al. (2019), “Drug-Related Killings in the Philippines”, Human Rights Data Analysis Group, 26 luglio, disponibile online al link https://hrdag.org/wp-content/uploads/2019/07/2019-HRDAG-killings-philippines.pdf.

[6] Si veda, ad esempio, “The Drug Archive: A Data-Driven Examination of the Philippine Anti-Drug Campaign”, disponibile online al link https://drugarchive.ph/.

[7] Ong, J.C. e Cabañes, J.V.A. (2018), “Architects of Networked Disinformation: Behind the Scenes of Troll Accounts and Fake News Production in the Philippines”, The Newton Tech4Dev Network, disponibile online al link https://scholarworks.umass.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1075&context=communication_faculty_pubs.

[8] Lamchek, J. (2020), “The Anti-Terrorism Act: Duterte Will Have All Dissenters’ Necks”, Rappler, 8 giugno, disponibile online al link https://r3.rappler.com/views/imho/262999-analysis-anti-terrorism-bill-duterte-dissenters-necks.

[9] Cfr. Bartolome, J. (2018), “The Kian delos Santos Case”, GMA News Online, 29 novembre, disponibile online al link https://www.gmanetwork.com/news/specials/content/24/the-kian-delos-santos-case-a-timeline/.

[10] Al Jazeera (2020), “‘Shoot Them Dead’: Duterte Warns Against Violating Lockdown”, 2 aprile, disponibile online al sito https://www.aljazeera.com/news/2020/4/2/shoot-them-dead-duterte-warns\-against-violating-lockdown.

[11] Alston, P.G. e Knuckey, S. (a cura di) (2016), The Transformation of Human Rights Fact-Finding, New York: Oxford University Press; Land, M.K. e Aronson, J.D. (a cura di) (2018), New Technologies for Human Rights Law and Practice, Cambridge: Cambridge University Press.

[12] Ibidem; McPherson, E. (2015), “ICTs and Human Rights Practice: A Report Prepared for the UN Special Rapporteur on Extrajudicial, Summary, or Arbitrary Executions”, Cambridge: University of Cambridge Centre of Governance and Human Rights, disponibile online al sito https://www.repository.cam.ac.uk/bitstream/handle/1810/269944/McPherson%20ICTs%20and%20Human%20Rights%20Practice.pdf?sequence=1&isAllowed=y.

[13] Koettl, C. (2016), “Citizen Media Research and Verification: An Analytical Framework for Human Rights Practitioners”, Cambridge: University of Cambridge Centre of Governance and Human Rights, disponibile online al sito https://www.repository.cam.ac.uk/bitstream/handle/1810/253508/Koettl_Citizen%20Media%20Research%20and%20Verifcation_FINAL%20%281%29.pdf?sequence=1&isAllowed=y.

[14] Freeman, L. (2018), “Digital Evidence and War Crimes Prosecutions: The Impact of Digital Technologies on International Criminal Investigations and Trials”, Fordham International Law Journal, 41 (2), pp. 283–335.

[15] Emerson, J., Satterthwaite, M.L. e Pandey, A.V. (2018), “The Challenging Power of Data Visualization for Human Rights”, in Land, M.K. e Aronson, J.D., op. cit., pp. 162–187.

[16] Aronson, J.D. (2018), “The Utility of User-Generated Content in Human Rights Investigations”, in Land, M.K. e Aronson, J.D., op. cit., pp. 129–148.

[17] Land, M.K. et al. (2012), “#ICT4HR: Information and Communication Technologies for Human Rights”, World Bank Publications, Nordic Trust Fund, Open Development Technology Alliance, and ICT4Gov, novembre, disponibile online al link https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2178484.

[18] McPherson, E. (2018), “Risk and the Pluralism of Digital Human Rights Fact-Finding and Advocacy”, in Land, M.K. e Aronson, J.D., op. cit., pp. 194-198, 200-205.

[19] Cfr., Koettl, C., op. cit.

[20] Si tratta di un approccio che combina le innovazioni del crowdsourcing con i principi standard della ricerca sociale e dell’analisi statistica [N.d.T.].

[21] Van der Windt, P. e Humphreys, M. (2014), “Crowdseeding in Eastern Congo: Using Cell Phones to Collect Conflict Events Data in Real Time”, Journal of Conflict Resolution, 60 (4), pp. 748-781.

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