La blockchain, in italiano “catena di blocchi”, è una tecnologia diventata nota soprattutto grazie alle criptovalute. Gli ormai famosi bitcoin nati nel 2008 dalla mente di Satoshi Nakamoto, considerato dai più uno pseudonimo di un gruppo di ricercatori, sono la prima valuta digitale che ha sfruttato questa tecnologia. Tuttavia, per comprendere a pieno il valore di questo strumento e soprattutto per capire la strategia cinese in merito, è bene sottolineare come le applicazioni pratiche della blockchain vadano ben oltre le criptovalute. Infatti, le informazioni che possono essere conservate all’interno di una blockchain sono molteplici come, ad esempio, certificati e licenze di varia natura, contratti smart e in generale le transazioni e lo scambio di informazioni. In particolare, questa tecnologia può essere applicata per ambiti quali l’identità digitale, l’archiviazione di decisioni giudiziarie, il tracciamento di denaro e dei finanziamenti pubblici, gli scambi di beni materiali e immateriali come i brevetti e anche per il voto elettronico. Alcuni autori affermano che il sistema di controllo distribuito della blockchain potrebbe dar vita ad una governance senza governo o anche ad una “società globale senza stato”, mettendo a rischio il concetto stesso di sovranità nazionale. Lo scopo di questo articolo non è tuttavia quello di azzardare ipotesi su come lo Stato possa o meno convivere con la blockchain. Piuttosto, una volta comprese le potenzialità e i rischi, l’obiettivo è capire e analizzare quali siano le intenzioni della Cina per lo sviluppo e l’utilizzo di questa tecnologia.
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