I dati sullo stato dell’economia della Repubblica popolare cinese (Rpc) nel terzo trimestre del 2013, pubblicati nel mese di ottobre, riflettono chiaramente l’attuale fase di transizione e sembrano protrarre il quadro di incertezza circa le sorti di lungo periodo dello sviluppo del paese. Il comunicato ufficiale dell’Istituto nazionale di statistica descrive il quadro generale come in lento progresso verso l’obiettivo di una crescita più stabile.
Tra le note positive vi è senz’altro un livello di crescita del Pil più alto rispetto alle attese, con un incremento del 2,2% rispetto al precedente trimestre – il più alto dal 2011 (Figura 1). Ciò ha contribuito a portare la crescita tendenziale del prodotto interno lordo al 7,8%, almeno stando ai dati ufficiali. Questo picco di crescita è dovuto all’espansione creditizia di inizio anno e ad un pacchetto di “mini-stimolo” lanciato prima dell’estate. Quest’ultimo, in particolare, ha incluso misure a favore delle imprese, tra cui una riduzione della tassazione e facilitazioni all’export, in aggiunta a più ampi margini finanziari per la realizzazione di grandi opere in campo ferroviario.
Questa dinamica maschera tuttavia un quadro generale di maggiore incertezza, che i dati fanno trasparire in particolare con riferimento a due aspetti. Il primo, di tipo congiunturale, è rappresentato da un incremento dell’inflazione. Nel mese di settembre il livello dei prezzi è cresciuto del 3,1%, accelerando rispetto ai mesi precedenti, a causa per lo più dell’andamento dei prezzi per i generi alimentari. In più, si registra un forte aumento nei prezzi del mercato immobiliare, superiore in media al 9% su base annua per le 70 maggiori città del paese. Si tratta del nono incremento mensile consecutivo, nonché di un incremento tra i più significativi negli ultimi due anni, che mette in risalto la debolezza delle misure ufficiali per ridurre la pressione dei prezzi nel settore. I dati appena resi pubblici dall’ufficio statistico nazionale mostrano che questo trend è chiaramente guidato dalle grandi aree urbane, Pechino e Shanghai soprattutto, che hanno visto rispettivamente un aumento del 16% e 17% (Figura 2).
La seconda direttrice, di tipo strutturale, riporta alla discussione che riguarda i principali motori della crescita economica. Ancora una volta, i dati mostrano una storia non nuova negli anni più recenti. Secondo alcuni analisti, gli investimenti hanno contribuito per circa il 56% del livello di crescita in questo terzo trimestre. Su base annua, si stima invece che gli investimenti fissi abbiano contribuito finora per 4,3 punti percentuali al totale della crescita stimata. Va da sé che questo implica – ancora una volta – un più basso peso dei consumi, intorno ai 3,5 punti (Figura 3).
A livello settoriale, invece, i servizi stentano a tornare sui livelli pre-crisi, risultando tuttora poco più rilevanti rispetto al manifatturiero. Discorso a parte merita invece la proiezione verso l’estero, che stenta a riprendersi anche secondo i dati più recenti. Il valore totale dell’export cinese in settembre è rimasto in linea con quello dello stesso mese del 2012, mentre su base annua si stima un incremento dell’8% rispetto all’anno precedente. Ancora una volta, è il crollo dei principali mercati europei a contribuire a questa performance negativa, mentre si osservano segnali di ripresa per quel che riguarda la domanda di partner tradizionalmente forti quali gli Stati Uniti e il Giappone. Le importazioni, d’altra parte, sono cresciute più rapidamente.
Se è vero che la ripresa dovrebbe garantire alla fine dell’anno un livello di crescita lievemente superiore a quel 7,5% dichiarato dal governo come obiettivo per il 2013, le stime per il futuro devono essere necessariamente più caute. I commentatori indicano che una riduzione del credito e una maggiore attenzione alle riforme dovrebbero portare a una contrazione nel prossimo trimestre, che risulterà in un livello di crescita annua del 7,6%. Tale previsione, del resto, è in linea con quelle appena rese pubbliche dalle maggiori istituzioni internazionali, che si spingono oltre mostrando come il ridimensionamento del processo di crescita cinese sarà ancora più evidente nei prossimi due anni (Tabella 1).
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