Mentre è stato appena inaugurato a Roma l’Anno della Cultura Cinese in Italia – alla presenza del premier Wen Jiabao – l’Expo di Shanghai 2010 si avvia verso la conclusione.
In questi mesi, oltre alle iniziative nazionali e alle mostre permanenti, sul palco del Padiglione Italiano si sono avvicendate le regioni, con un fitto calendario di eventi e incontri; ma cosa resta di concreto, al di là del tentativo di presentare ai cinesi territori sicuramente dotati di una storia e di sistemi economici peculiari, che però rischiano di apparire del tutto trascurabili agli occhi di chi è nato in un paese da un miliardo e mezzo di abitanti e, spesso, ha una visione nebulosa dell’Europa?
Gli incontri tra regioni italiane e province cinesi si sono svolti sulla base di affinità industriali o territoriali, ma anche nel rispetto delle linee generali dettate dal governo di Pechino, che da tempo punta ad aumentare i consumi interni e ad aggiornare la sua industria, proiettandola verso settori a minore impatto ambientale e verso i servizi.
La Puglia ha firmato con il Guangdong (Cina meridionale, vero polmone del manifatturiero cinese) una dichiarazione di intenti su “sviluppo economico, cooperazione tecnologica, scienza e ricerca, educazione, tecnologie ambientali ed energie rinnovabili”: le ultime due voci costituiscono il punto forte del documento, e i pugliesi sembrano già proiettati verso la firma di un accordo di partenariato.
La Toscana, pur non avendo siglato nulla di definitivo, è stata protagonista di numerosi incontri con le province dello Zhejiang (altra roccaforte industriale) e dello Shandong, e con le città di Chongqing e Tianjin; oltre ai colloqui sull’apertura di nuovi collegamenti aerei, i cinesi hanno riscontrato un certo interesse sul progetto di una scuola per la formazione degli amministratori del settore sanitario: una delle voci principali del pacchetto di stimoli economici da 4mila miliardi di yuan (439 miliardi di euro al cambio attuale) che il Dragone ha lanciato nel novembre 2008 per contrastare la crisi globale riguarda proprio la riforma della sanità pubblica, che secondo il governo di Pechino rappresenta una delle chiavi per sollevare i consumi interni e ridurre la tradizionale propensione al risparmio dei cinesi.
Un discorso a parte meritano le Marche, che avevano già firmato un accordo di partenariato con la provincia del Jiangsu e, forti anche delle celebrazioni per i 400 anni dalla morte di Matteo Ricci, hanno promosso a Nanchino diversi tavoli tecnici su cooperazione universitaria, riqualificazione urbana e attrazione di investimenti.
Interessante anche il caso della Sardegna, che ha intensificato gli scambi con l’isola di Hainan anche al di fuori del circuito Expo: nel luglio scorso è arrivata a Cagliari una delegazione capitanata dal vicegovernatore con delega al turismo Tan Li, a seguito di una precedente lettera d’intenti, ed è prevista entro il 2011 la firma di un partenariato tra le due isole; ma Cagliari aveva già siglato un grosso accordo sul settore turistico con alcuni distretti di Shanghai. Le ragioni dell’immensa popolarità raggiunta dalla Sardegna in Cina? “Rose Wedding”, un reality-show di enorme successo che segue passo passo le avventure di alcune coppie di novelli sposi cinesi in luna di miele sull’isola. Gli accordi economici, spesso, si stringono per ragioni imprevedibili.
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