Come si spiega questo esito in apparenza paradossale? Per dare una risposta il volume utilizza gli strumenti della political economy, mostrando la messa in pratica che le istituzioni cinesi hanno fatto della lezione del capitalismo: i diritti di proprietà, pur essendo instabili, erano definiti in senso ‘verticale’; lo stato, grazie allo sfruttamento dei flussi di capitale straniero in entrata, ha potuto guidare la transizione capitalistica perché il sistema clientelare, con il partito nel ruolo di political economy residual claimant, era compatibile con i costi e i benefici connessi alla diffusione delle attività di mercato.
Quindi la Cina si è sviluppata importando (pur senza ammetterlo) il capitalismo, e da questa esperienza è utile trarre conclusioni che sfidano il consensus, soprattutto ora che la crisi finanziaria del 2008 costringe anche i paesi storicamente industrializzati a rivedere i rapporti tra stato e mercato.
Giuseppe Gabusi (T.wai & Università di Torino) è autore del libro “L’importazione del capitalismo. Il ruolo delle istituzioni nello sviluppo economico cinese” (Vita e Pensiero, 2009).
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