SIPRI Yearbook Summary 2016: edizione italiana

SIPRI Yearbook Summary 2016

Dal 2011, in accordo con il SIPRI, T.wai offre al pubblico la traduzione italiana del SIPRI Yearbook Booklet.

 

IL SIPRI YEARBOOK

 

Il SIPRI Yearbook 2016 offre una serie di dati originali relativi a spesa militare mondiale, produzione e trasferimenti internazionali di armi, forze nucleari, principali conflitti armati e operazioni di pace multilaterali, nonché analisi aggiornate su aspetti importanti della sicurezza internazionale, della pace e del controllo degli armamenti. Il SIPRI Yearbook, dato alle stampe per la prima volta nel 1969, è opera dei ricercatori del SIPRI in collaborazione con esperti esterni. Questa pubblicazione sintetizza i contenuti del SIPRI Yearbook 2016 e propone estratti delle sue appendici.

 

INTRODUZIONE

Qual è il bilancio sulla pace e la sicurezza nel 2015? Alcuni eventi lo qualificherebbero come un anno particolarmente buio per la stabilità internazionale e la sicurezza umana. Le voci in passivo sono gli attacchi terroristici in Iraq, Siria, Turchia, Francia, Tunisia, Afghanistan, Nigeria e Pakistan. Sullo sfondo c’è un aumento o un’escalation dei conflitti armati. Ai flussi di migranti e rifugiati in fuga da conflitti, si sono aggiunte le tensioni crescenti tra Russia e stati membri della NATO su Ucraina e Siria.

Non sono però mancate le voci in attivo. Innanzitutto, Iran e USA hanno appianato le divergenze e, insieme ad altri cinque stati più la UE, hanno firmato il Piano d’azione congiunto globale (Joint Comprehensive Plan of Action, JCPOA). Il Piano regola il programma nucleare iraniano, rimuovendo così una profonda tensione dalla politica mediorientale, per quanto i termini dell’accordo non siano universalmente accettati.

Un secondo sviluppo positivo è stato l’accordo ONU sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals, SDG), conosciuti come Agenda 2030, che stabiliscono un vasto programma su povertà e pace. Infine, con l’Accordo di Parigi sul clima la comunità internazionale si è accordata su misure ambiziose per contenere il riscaldamento globale e aumentare le capacità di adattamento agli effetti inevitabili del cambiamento.

Con riferimento all’intero anno, pessimismo e ottimismo sono entrambi giustificati. I dati sui conflitti armati sembrano suggerire un’inversione di tendenza rispetto ai due decenni post guerra fredda. Gli eventi del 2011 in Medio Oriente e Nord Africa sembrano sempre meno una Primavera Araba e sempre più l’inizio di un decennio d’instabilità e conflitto. Inoltre, l’abbattimento di un aereo russo a ottobre e gli attacchi a Parigi a novembre hanno dimostrato che la violenza della regione non ha confini.

Le contromisure agli attacchi terroristici sembrano offrire magre prospettive per garantire la sicurezza; nonostante i 14 anni di “guerra al terrorismo”, il raggio d’azione di al-Qaeda e dello Stato islamico si è esteso. Ciò comporta una conclusione scomoda: la pace non è adeguatamente sostenuta dalle varie istituzioni internazionali, dai governi nazionali, e dai relativi strumenti volti a rafforzare sicurezza e stabilità internazionale. Forse la pace non è in ritirata, ma di certo è seriamente sotto pressione.

Con gli SDG e l’Accordo di Parigi la comunità internazionale ha dimostrato di avere i mezzi per porsi obiettivi ambiziosi, su cui poi raccogliere consenso. Intensi sforzi diplomatici hanno portato all’accordo sul programma nucleare iraniano e sul conflitto in Ucraina, almeno sulla carta; meno efficaci sono stati invece nel caso di Libia, Siria e Yemen. Come sempre, come implementare gli accordi resta un’incognita. Forse, una valutazione del 2015 dovrebbe terminare proprio con un punto di domanda.

Errata corrige (marzo 2017)
Una versione precedente di questa sintesi riporta erroneamente “Ad ogni modo, con 596 milioni di dollari e il 36 per cento del totale mondiale, le spese militari statunitensi restano le più alte del 2015” (p. 17). L’errore è stato corretto a marzo 2017 in “Ad ogni modo, con 596 miliardi di dollari e il 36 per cento del totale mondiale, le spese militari statunitensi restano le più alte del 2015”.

 

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