Cui Zi’en 崔子恩, regista e attivista LGBTQ

Nella società cinese odierna si hanno maggiori possibilità di raccontare storie a tematica LGBTQ?

Il governo cinese proibisce la diffusione di film, serie TV e letteratura a tema LGBTQ. Le opere vengono pubblicizzate e trasmesse di nascosto e, se scoperte, non è improbabile che siano censurate o bloccate.

Quanta attenzione e quanto spazio vengono dati all’identità di genere?

L’identità LGBTQ non viene riconosciuta dal governo e nella società cinese le reazioni sono molto diverse. La vecchia generazione non si lascia coinvolgere ed è assolutamente contraria al riconoscimento dell’identità LGBTQ; la generazione di mezzo è in parte più aperta e in parte ancora conservatrice, mentre i giovani, soprattutto coloro che condividono la “politica occidentale dell’uguaglianza dei diritti”, sono perlopiù rispettosi.

Ci sono eventi organizzati dalla comunità LGBTQ cinese simili al Gay Pride?

Ci sono proiezioni di film, festival artistici, festival culturali e, nello stesso periodo in cui in Occidente si tiene il Pride, qui viene organizzato il cosiddetto “Pride degli aquiloni” in cui moltissimi aquiloni arcobaleno vengono lanciati in cielo.

Qual è la situazione del mercato matrimoniale cinese?

In base ai costumi patriarcali, all’educazione e alla cultura dominante, i cinesi devono obbligatoriamente sposarsi. Naturalmente ormai molti divorziano. Anche le persone omosessuali non possono aggirare quest’ostacolo. Molti sposano persone eterosessuali e, in alternativa, vengono organizzati “matrimoni cooperativi” tra gay e lesbiche. Gran parte della pressione esercitata dalla società deriva in realtà dalla cultura comune: gossip e pettegolezzi di parenti, amici e vicini di casa sono all’ordine del giorno e non fanno che peggiorare la situazione.

Cui Zi’en in una foto del febbraio 2013 scattata a Parigi, dove il regista presentava i suoi film in occasione del festival “Da Pechino a Taipei, i 1000 Volti della Cina” (immagine: Lionel Bonaventure/AFP/Getty Images).

Il Beijing Queer Festival è ancora attivo? Ci puoi parlare della sua nascita e della sua evoluzione negli anni?

Sì, lo organizzo ancora, ma ogni anno cambia sede. Nel 2001 è stato ospitato all’Università di Pechino ma è stato bloccato dalle autorità. Successivamente abbiamo cercato di tenerlo in vita anche a costo di veri e propri scontri con il governo. La modalità più estrema è stata quella di organizzarlo all’interno di un bus utilizzando quest’ultimo come una sala proiezioni. Abbiamo organizzato ulteriori proiezioni sui treni consegnando ad ogni spettatore una chiavetta USB. Naturalmente in ciascuna chiavetta era stato copiato lo stesso film che i singoli spettatori guardavano contemporaneamente. Attualmente anche questa modalità è stata vietata e negli ultimi anni il Festival si è svolto all’interno dei Consolati olandese, americano e francese.

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