Sotto la superficie della disuguaglianza in Malaysia

Disuguaglianze urbane a Kuala Lumpur. Immagine: www.propertyguru.com.my

I dati presenti nelle statistiche ufficiali spesso sono utilizzati come misure generali per fornire un quadro sintetico di un problema specifico. Annunciando il bilancio del 2018, il Primo Ministro Najib Razak ha dichiarato, ad esempio, che il coefficiente di Gini, che misura la distribuzione del reddito tra la popolazione, tra il 2009 e il 2016 è sceso da 0,441 a 0,399, il dato più basso nella storia del Paese. Tuttavia, va sottolineato che tale indicatore fa riferimento al reddito delle famiglie e non si traduce necessariamente in una distribuzione economica più equa. Ciò dimostra come i titoli di giornale tendano a enfatizzare il reddito senza esplorare adeguatamente altri fattori che incidono sulle disuguaglianze.

In Malaysia, attualmente sembra esserci un divario tra la percezione di gran parte della popolazione, secondo cui l’ineguaglianza è cresciuta gradualmente, e i dati ufficiali che, al contrario, mostrano una contrazione delle disparità di reddito. Considerata la copertura limitata di quest’ultimo indicatore, fonti alternative offrono informazioni più profonde e più rilevanti. Il discorso su disuguaglianze di reddito e ricchezza non riceve sufficiente attenzione in Malaysia, nonostante abbia il potenziale di incidere in modo significativo nel dibattito sulle politiche redistributive. Di conseguenza, guardare alla disuguaglianza attraverso un approccio multidimensionale e tramite l’analisi delle disuguaglianze nel mercato del lavoro e in quello dei beni permette di ottenere un quadro più chiaro.

Uno dei fattori limitanti delle misure basate sulla disparità di reddito consiste nella dipendenza da dati aggregati tratti dall’Household Income and Basic Amenities Survey pubblicato dal Department of Statistics Malaysia (DOSM), scomposti in fasce di reddito generalmente ampie come il 40% più basso, il 40% medio e il 20% più alto. Inoltre, è quasi del tutto assente la differenziazione tra reddito da lavoro e rendimenti da investimenti di capitale o altre fonti. Dunque, mentre il discorso pubblico si concentra prevalentemente sulle fonti principali di reddito, fattori altrettanto importanti restano confinati ai margini della percezione sociale. È tuttavia sempre più riconosciuto che le disparità di ricchezza siano un fattore cruciale nella persistenza delle disuguaglianze tra generazioni.

La ricchezza come indicatore di distribuzione socioeconomica fornisce dati più significativi sulle differenze nell’accumulazione e nella concentrazione dei capitali verso le fasce più alte. Ad esempio, i dati sull’acquisto di beni che possono essere tratti dalle vendite di immobili e autovetture, o quelli sui risparmi previdenziali ottenibili dalle banche dati delle pensioni statali e dall’Employees Provident Fund (EPF), sono indicatori migliori per comprendere le disparità finanziarie. L’EPF è uno schema previdenziale obbligatorio che prevede un contributo mensile da parte di ogni lavoratore del settore privato e quindi comprende approssimativamente il 90% della forza lavoro salariata. Significativamente questi indicatori fanno emergere una tendenza che mostra come la disuguaglianza stia crescendo in modo graduale, ma costante, con crescenti flussi e concentrazione di capitali verso le fasce più alte.

L’analisi basata sui dati dei rapporti annuali dell’EPF nel periodo 2004-2016 sulle fasce di risparmio mostra come il coefficiente di Gini sia cresciuto passando da 0,643 nel 2004 a 0,658 nel 2015. Ciò denota una rilevante lacuna di informazione quando il coefficiente di Gini viene utilizzato dai mezzi di informazione e dalle fonti governative come il principale indicatore della disuguaglianza. Sotto la superficie, infatti, la disparità di ricchezza supera ampiamente la disparità di reddito, come mostrato dal fatto che la disuguaglianza nei risparmi previdenziali sia addirittura cresciuta nell’ultimo decennio. Inoltre, i capitali accumulati nei depositi EPF sono collegati ai livelli salariali rappresentanti impieghi regolari e pertanto costituiscono un solido indicatore di reddito.

Ciò conduce ad una valutazione della reale crescita dei salari attraverso l’osservazione dei depositi EPF dei contribuenti suddivisi per fasce d’età. Uno studio della Banca Mondiale ha rivelato risultati sorprendenti mostrando che il tasso di crescita dei salari negli ultimi anni è stato più basso per i giovani lavoratori, dato che si traduce in un aggravamento della disuguaglianza nella capacità di risparmio all’interno della popolazione. Quindi, nonostante la Malaysia si vanti di migliorare e rendere la distribuzione del reddito più equa, il sottostante flusso di reddito e il movimento dei salari svelano una costante accumulazione di ricchezza da parte delle fasce più facoltose della società.

Oltre ai contributi obbligatori, i dati sui patrimoni immobiliari sono strumentali al nostro discorso, considerata la rilevanza sociale di questi ultimi in termini di percezione concreta delle disuguaglianze. Utilizzando i dati forniti dal National Property Information Centre (NAPIC), il già citato studio della Banca Mondiale stima anche la disuguaglianza nella spesa per immobili analizzando il numero di unità vendute, il loro valore commerciale e le fasce di prezzo. Nonostante l’analisi non prenda in considerazione la distinzione delle proprietà multiple o degli acquisti finalizzati all’investimento o alla speculazione, essa evidenzia come la disuguaglianza sia cresciuta considerevolmente dal 2001 al 2012, con il coefficiente di Gini lievitato da 0,44 a 0,53. Inoltre, se si considera che pochi membri dell’élite detengono la maggior parte dei beni nella fascia più alta di prezzo, si può intuire come il dato sia piuttosto conservativo rispetto alla realtà.

Naturalmente, le politiche redistributive sono una componente essenziale nelle strategie nazionali orientate a ridurre le ineguaglianze e a incoraggiare uno sviluppo sostenibile. Tuttavia, nonostante il governo malaysiano abbia lanciato iniziative mirate in favore dei segmenti più poveri della popolazione, queste ultime si sono concretizzate sotto forma di assistenza economica tramite sussidi sanitari e alimentari, e trasferimenti di denaro all’interno dello schema Bantuan Rakyat 1 Malaysia (BR1M),  tutte misure che non facilitano spostamenti di ricchezza sostanziali nel lungo periodo. Un evidente indicatore di ciò è rappresentato dal reddito individuale medio che, stando ai dati del DOSM, si attesta a 5.209 dollari annui, nettamente meno della metà rispetto all’obiettivo dei 12.276 dollari necessari per laurearsi Paese ad alto reddito.

Ne consegue che il tema della disuguaglianza richiede un’analisi più profonda, al fine di raggiungere un quadro più nitido che permetta di formulare politiche meglio mirate. Gli indicatori esaminati dimostrano, infatti, come il problema dell’ineguaglianza sia estremamente più complesso rispetto a tenere traccia del coefficiente di Gini rappresentativo del reddito aggregato delle famiglie ed erogare sussidi mirati di stampo populista. Le politiche redistributive possono essere meglio sfruttate quando divengono potenti strumenti per facilitare una maggiore eguaglianza, in termini di risultati economici e in termini di opportunità, attraverso la diffusione di elementi generatori di reddito tra individui e imprese. Tali fattori di ricchezza possono consistere in terreni, attività finanziarie, accesso all’istruzione, o capitale industriale e umano. Sebbene impopolare tra le élite, l’introduzione di tasse sulle attività finanziarie (successioni, redditi da capitali e transazioni finanziarie), avrebbe un impatto positivo sul crescente divario nella distribuzione della ricchezza in Malaysia illustrato in questo articolo. Ciononostante, la cosa più urgente e più importante consiste nel riconoscere la tendenza in atto, costantemente nascosta dai principali indicatori di disuguaglianza economica.

Traduzione dall’inglese a cura di Gabriele Giovannini

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