Quali opportunità di investimento nella regione ASEAN?

La regione ASEAN è tradizionalmente considerata dagli investitori stranieri come un territorio in cui stabilire attività manifatturiere a basso costo. Tuttavia, nel corso degli anni gli investitori, compresi quelli italiani, stanno gradualmente acquisendo consapevolezza delle opportunità che il Sud-est asiatico offre in quanto mercato per i beni di consumo. Basti pensare che, in cinque dei dieci Paesi membri, la popolazione supera i cinquanta milioni. Inoltre, profondi mutamenti interessano le società: ad esempio, la classe media del Vietnam dovrebbe passare da dodici a oltre trenta milioni entro il 2020. Ciò offre numerose opportunità agli investitori italiani, che però devono esser consapevoli delle numerose sfide che incontreranno: differenze geografiche, culturali, politiche ed economiche cui bisogna prestare la massima attenzione prima di realizzare un investimento.

Una delle difficoltà principali incontrate da chi si avvicina per la prima volta a uno degli Stati del Sud-est asiatico è quella di ottenere informazioni aggiornate e affidabili sulle procedure di investimento, sugli incentivi e sulle eventuali restrizioni. Ciò è principalmente dovuto alla rapidità con cui le norme vengono modificate. Allo stesso modo, quando si investe, è poi fondamentale rimanere al passo per massimizzare le opportunità ed evitare di incorrere in eventuali sanzioni. Sebbene l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico provi a fare sistema tra le diverse economie, per ora permangono differenze considerevoli.

Numerosi Paesi membri applicano restrizioni di vario tipo agli investimenti diretti esteri (IDE) in specifici settori considerati strategici: tra i più ricorrenti, si annoverano quelli dei servizi, delle comunicazioni e dei trasporti. In generale, Singapore, Cambogia e Laos sono i Paesi ASEAN che presentano il minor numero di limitazioni agli IDE, mentre tra quelli più restrittivi vanno citati Indonesia, Myanmar e Malaysia.

Oltre alle restrizioni sugli IDE, due costanti che rendono complesso fare business nella regione ASEAN sono le difficoltà burocratiche per ottenere finanziamenti e per pagare le imposte, dato confermato, tra l’altro, dalla sezione dedicata della guida Doing Business pubblicata dalla Banca Mondiale, che propone una classifica di Paesi in base alla facilità di fare impresa.

Ciò detto, è d’altra parte importante precisare che, secondo la stessa guida, Singapore, Malaysia e Thailandia rientrano comunque nel complesso tra le prime cinquanta economie al mondo per facilità di fare impresa e tutti i dieci Paesi membri dell’ASEAN sono tra i primi venticinque per facilità di avviare un’attività.

A incrementare l’interesse da parte degli investitori stranieri contribuisce la crescente integrazione commerciale che l’ASEAN sta sviluppando non solo al proprio interno ma anche con nuovi partners. In pratica, produrre in uno degli Stati membri dell’ASEAN significa poter accedere a una grande area di libero scambio che non si limita al Sud-est asiatico ma che comprende tutti i Paesi con cui l’ASEAN ha concluso accordi. Tale area potrebbe crescere ulteriormente grazie ai negoziati in corso per il Partenariato Economico Regionale Globale (Regional Comprehensive Economic Partnership) con Cina, India, Giappone e Corea del Sud.

Per gli investitori italiani, stabilire operazioni in uno dei Paesi membri dell’ASEAN può dunque rappresentare la possibilità di penetrare molteplici mercati sfruttando il forte fascino esercitato dai prodotti “made by Italy” in questa parte di mondo. Infine, sempre sul tema degli accordi commerciali, è importante menzionare che le società italiane potranno approfittare del nuovo trattato di libero scambio tra Unione Europea e Vietnam – la cui entrata in vigore è prevista già nel 2018.

Vietnam

Il Vietnam, nello specifico, trova il proprio vantaggio competitivo nel lavoro a
basso costo, nella posizione
geografica strategica e
nell’integrazione nella value-chain globale attraverso i
suoi accordi commerciali. L’ampia domanda di know­how straniero offre notevoli opportunità in settori quali istruzione, sanità, food&beverage e e­commerce. Tuttavia, il Vietnam è oggi riconosciuto a livello globale soprattutto come centro manifatturiero: d’altronde, l’aliquota fiscale sul reddito societario è stata ulteriormente ridotta al 20 per cento e il costo del lavoro rimane competitivo – con un salario minimo mensile che, a seconda della regione, oscilla tra i 2,6 e i 3,7 milioni di dong vietnamiti (pari a circa 113 e 165 dollari). Le opportunità maggiori si possono trovare nel settore tessile, abbigliamento e calzaturiero: il già citato accordo di libero scambio tra Vietnam e Unione Europea consentirà agli investitori di importare in Europa più facilmente i beni prodotti in Vietnam, poiché verrà eliminata l’elevata tassazione vigente sui prodotti tessili e di abbigliamento. Interessanti opportunità di investimento si riscontrano anche nel settore dell’elettronica di consumo, che si posiziona ai primi posti nel valore delle esportazioni, così come nella componentistica per automobili e nell’arredo in legno. Se considerato come mercato, il Vietnam presenta una forte domanda di macchinari di ogni genere. La crescente classe media, infine, pone sempre più attenzione alla qualità dell’alimentazione, aprendo nuovi scenari per le eccellenze agroalimentari italiane.

Singapore

Anche Singapore, come il Vietnam, ha discusso con l’Unione Europea dell’opportunità di un accordo di libero scambio. Tuttavia, in questo caso, sebbene i negoziati si siano conclusi nel 2012, il processo di ratifica procede meno speditamente. Ciononostante, gli investitori non si sono scoraggiati e, come detto precedentemente, scelgono Singapore come punto di accesso per i loro Investimenti Diretti Esteri (IDE) nel Sud-est asiatico sfruttando le politiche particolarmente favorevoli. L’industria manifatturiera è una componente importante del PIL di Singapore e i settori più presenti in cluster industriali includono l’elettronica e il biomedicale. Considerata la posizione strategica di Singapore, i settori della logistica e dell’ingegneria dei trasporti sono di particolare interesse. Se il settore delle costruzioni non è più fiorente come in passato, i servizi di vendita al dettaglio e quelli di ristorazione sono invece in rapida ascesa.

Thailandia

In questa breve rassegna inseriamo la Thailandia, che alcuni analisti ritengono si trovi in un anno di transizione non solo dal punto di vista politico (l’instabilità rappresenta in effetti il rischio maggiore) ma anche da quello economico. Tuttavia, le imprese straniere continuano ad esserne attratte. Tra i motivi, annoveriamo gli incentivi offerti dalla Commissione per gli Investimenti (Board of Investment, BOI).

Nello specifico, con il nuovo programma Thailand 4.0 il BOI incoraggia i settori S-Curve (automobili di prossima generazione, biotecnologia, elettronica intelligente) e delle tecnologie di base (digitale, biocombustibile e logistica) con l’esenzione dall’imposta sul reddito societario per otto anni e il dimezzamento delle imposte per cinque, oltre ad esenzioni su dazi per import ed export.

Cambogia

Per concludere, lungi dall’essere esaustivi, citiamo il caso della Cambogia che, come Singapore, pone un numero limitato di restrizioni agli IDE. Quest’anno è entrata in vigore una nuova riforma fiscale che alleggerisce gli obblighi fiscali di piccoli e medi contribuenti. Ciononostante, nella pratica sono ancora notevoli e talvolta proibitive le sfide che attendono gli investitori stranieri: pagare le imposte richiede quaranta versamenti l’anno, ovvero quasi quattro volte rispetto a quanto avviene nei Paesi dell’OCSE. Tuttavia, considerato che si tratta di un mercato relativamente inesplorato e con un basso livello di sviluppo, bisogna riconoscere che la Cambogia ha fatto notevoli progressi e le recenti riforme fiscali sono un ulteriore passo in avanti. La Cambogia resta un Paese di riferimento per chi vuole investire nel tessile. Il governo sta però promuovendo settori come quello dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell’energia per sostenere lo sviluppo dell’economia cambogiana. Di particolare interesse anche il settore turistico, che incrementa la domanda di servizi nel settore alberghiero, della ristorazione e ricreativo. Molti di questi settori si trovano ancora a uno stadio iniziale, rappresentando così un’importante occasione per chi è interessato a entrare nel mercato.

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