La Cina e il calcio globale: potere d’acquisto e potere nazionale nel caso Suning-Inter

Il tifoso cinese medio, quando pensa al calcio del proprio paese, deve sentirsi un po’ come Deng Xiaoping disse di sé negli anni Cinquanta. Il “piccolo timoniere”, allora lungi dall’essere soprannominato tale, affermò di amare il calcio, ma di sentirsi soffocare ogni volta che guardava la nazionale. Per i tantissimi che in Cina amano il gioco del pallone, la situazione oggi è ancora più inaccettabile: la seconda potenza economica al mondo si trova soltanto al settantasettesimo posto nel ranking della Fédération Internationale de Football Association (Fifa), superata da paesi dotati di un peso economico e demografico decisamente inferiore. Un vero nervo scoperto per il Partito comunista cinese (Pcc), che nello sport, dai tempi di Mao, passando per le Olimpiadi di Pechino, ha sempre cercato elementi di legittimazione e di aggregazione del consenso[1].

Ecco perché la Cina ha, da alcuni anni a questa parte, cominciato a disegnare un progetto di lungo periodo per riformare e rilanciare il calcio nel paese, grazie a investimenti sia pubblici che privati e a una strategia di internazionalizzazione del settore. Le finalità di questo piano appaiono essere sia di tipo economico ― lo sviluppo di un’industria del calcio nazionale che appare già promettente, in un paese che sa di dovere abbandonare il modello di crescita della “fabbrica del mondo” ― che di tipo politico ― come strumento di coesione patriottica.

Il sogno di Xi Jinping

Xi Jinping intercettò questo malessere nazionale già prima di diventare Presidente della Repubblica popolare e Segretario generale del Pcc. Nel 2009, da Vicepresidente della Cina, cominciò a parlare del pallone come di una questione di grande importanza politica, affermando pubblicamente la necessità di promuovere il calcio d’élite nel paese e confessando di sperare in una futura vittoria della Cina ai Mondiali[2]. Poi, nel 2011, in un incontro con alcuni leader sudcoreani, espresse per la prima volta i suoi “tre grandi desideri” (san da yuanwang, 三大愿望) per il calcio cinese: la qualificazione ai Mondiali, l’organizzazione dei Mondiali e il trionfo ai Mondiali. La nazionale cinese, infatti, finora è riuscita a qualificarsi soltanto una volta all’evento più importante del mondo del pallone, nel 2002. Ne uscì sconfitta in tre partite in cui non segnò neanche un goal. Da quando è diventato capo dello Stato, Xi Jinping, descritto in più occasioni dalla stampa cinese come appassionato di calcio sin da bambino e giocatore di qualche valore nella squadra della sua scuola, è diventato il volto delle aspirazioni di grandeur calcistica del paese e del sogno di trasformare la Cina in una “potenza dello sport” (tiyu qiangguo, 建设体育强国).

Per raggiungere questo scopo, sono stati lanciati precisi piani nazionali. Il Programma per la riforma e lo sviluppo del calcio cinese (Zhongguo zuqiu gaige fazhan zongti fang’an, 中国足球改革发展总体方案) è il più dettagliato tra i documenti sul tema: approvato dal Consiglio degli affari di Stato nel 2015, descrive i passi strategici che il paese deve compiere per raggiungere il traguardo segnato da Xi Jinping. In 50 punti, elenca i passaggi richiesti per garantire un “sistematico sviluppo del calcio al fine di migliorarne il livello in Cina”, visto che, come si afferma nella prima sezione del Programma, intitolata “Requisiti generali”, “la riforma del calcio è una misura importante per costruire una potenza nazionale dello sport”.

Il documento è organizzato in 11 sezioni, che raggruppano per temi i 50 punti:

  • Sezione 1: Requisiti generali
  • Sezione 2: Riorganizzazione dell’Associazione calcio cinese (Zhongguo zuqiu xiehui, 中国足球协会)
  • Sezione 3: Miglioramento e riforma della struttura e del modello di gestione dei club di calcio professionali
  • Sezione 4: Miglioramento del sistema di gara e del sistema delle leghe professionali
  • Sezione 5: Promozione del calcio nelle scuole
  • Sezione 6: Promozione del calcio amatoriale
  • Sezione 7: Promozione di un modello di sviluppo basato sulla formazione di staff specializzato
  • Sezione 8: Riforma e sviluppo della nazionale
  • Sezione 9: Potenziamento della costruzione di campi di calcio e della loro gestione
  • Sezione10: Ottimizzazione dei sistemi di investimento
  • Sezione 11: Rafforzamento della leadership nel settore del calcio

Senza entrare nel dettaglio dei contenuti di ciascuna sezione, si può notare come esse tocchino tutti gli aspetti dello sport. In primo luogo, si affronta la riorganizzazione delle istituzioni e delle entità che regolano il calcio in Cina e che ne permettono la pratica (sezioni 2, 3 e 4). Si passa poi alla diffusione dello sport a livello popolare, al fine di aumentare la base da cui selezionare i potenziali futuri campioni (sezioni 5, 6 e 9). Quindi il programma si occupa della professionalizzazione del settore, soprattutto sul fronte dello staff (sezione 7), e dell’ottimizzazione dei sistemi di investimento nel calcio (sezione 10), con iniziative come la creazione di una Fondazione per lo sviluppo del calcio cinese e lo sfruttamento delle lotterie per ottenere fondi da reinvestire. Qui si fa preciso riferimento anche alla creazione di un’industria del calcio (zuqiu chanye, 足球产业), al bisogno di una gestione ordinata dei diritti televisivi e alla necessità di incoraggiare individui e “aziende potenti e famose” (you shili de zhiming qiye, 有实力的知名企业) a investire in club di calcio professionali. Appare già chiaro, pertanto, che le iniziative di imprese private cinesi nel calcio, per esempio le acquisizioni di club stranieri, non possono essere interpretate come azioni estranee a una cornice politica.

Le sezioni dedicate alla nazionale cinese (8) e alla leadership del settore (11) sono quelle in cui più marcatamente emergono gli aspetti propagandistici e politici della riforma del calcio. Gran parte dei punti riguardanti la nazionale si concentra infatti su aspetti che ben poco hanno a che vedere con le prestazioni atletiche. Secondo il Programma, la nazionale deve “promuovere l’orgoglio nazionale” e “portare avanti lo spirito sportivo cinese”, deve “rendere orgoglioso il paese” e inanellare successi per “stimolare l’entusiasmo nei giovani”. Quanto ai componenti della nazionale, deve essere data priorità ai “giocatori che hanno un forte desiderio di servire il paese” (wei guo xiaoli yuanwang qianglie, 为国效力愿望强烈).

L’ultima sezione insiste invece sugli aspetti ideologici che devono accompagnare la promozione del calcio ― dallo spirito di squadra alla determinazione, dalla perseveranza al patriottismo ― e sulla necessità di “guidare le masse” nella comprensione dello sport, conducendo una propaganda innovativa e rafforzando la “gestione delle notizie sul calcio” e dell’opinione pubblica. Obiettivo dichiarato: massimizzare il consenso sulla riforma e sullo sviluppo del calcio.

Il programma sembra procedere come annunciato, visto che Xi Jinping, incontrando il presidente della Fifa [in cinese] Gianni Infantino a Pechino, il 14 giugno 2017, lo ha così aggiornato sullo stato di avanzamento dei lavori per la costruzione della potenza calcistica cinese: “Stiamo sviluppando la cultura calcistica dell’intera società, approfondendo la riforma del sistema amministrativo del calcio, costruendo regole di sviluppo del calcio in linea con il resto del mondo e un sistema di gestione e organizzazione specializzato ed efficiente […]. Stiamo inoltre sviluppando con forza il calcio giovanile, perfezionando le infrastrutture di base come i campi da calcio, potenziando l’apprendimento [professionale] attraverso gli scambi internazionali. Con grande impegno, con un approccio di lungo periodo, stiamo migliorando il livello del calcio cinese in modo graduale, così che l’avanzamento della cultura del calcio diventi una delle forze nella realizzazione del ‘sogno cinese’ del popolo cinese” [trad. dell’autrice].

Appare diretto il richiamo a quello che Xi Jinping ha cristallizzato nell’espressione del “sogno cinese” (Zhongguo meng, 中国), spiegato come il sogno della “grande rinascita della nazione cinese” (Zhonghua minzu weida de fuxing, 中华民族伟大的复兴) dopo i “cento anni di umiliazione nazionale” (bai nian guochi, 百年国耻) a opera delle potenze europee vincitrici delle guerre dell’oppio[3]. Tale rinascita passa dalla supremazia economica nel mondo e da altre dimensioni riconducibili alla sfera dello hard power, ma, secondo i teorici cinesi, deve imporsi anche con le armi del soft power, ossia attraverso la lingua e la cultura cinese in senso lato, inclusa la cultura popolare dello sport.

“Shopping” internazionale

Sempre nella direzione del potenziamento dello sport a livello nazionale vanno quindi intese anche le operazioni di “shopping globale” (per cui la stampa cinese ha coniato l’espressione “comprare comprare comprare” – mai mai mai, 买买买 [in cinese]). Iniziative che hanno avuto per oggetto club stranieri (dall’Atlético Madrid all’AC Milan, dal Manchester al Nizza, dall’Aston Villa al Birmingham City), campioni internazionali da importare nelle squadre cinesi per migliorare il livello di gioco locale, e allenatori importati dall’estero come l’italiano Marcello Lippi, arruolato nell’autunno 2016 per allenare la nazionale cinese dopo tre stagioni (2012-15) al club Evergrande Guangzhou.

Il 6 giugno 2016, nella conferenza stampa tenuta a Nanchino per annunciare l’avvenuta acquisizione del club, il proprietario della Suning Holdings Group, Zhang Jindong, prometteva: “Renderemo l’Inter ancora più forte, nella continuità della sua storia”. (Immagine: Inter)

A questo fenomeno appartiene ovviamente anche il caso di FC Internazionale, la prima acquisizione di un club italiano compiuta da un’azienda cinese. Il 6 giugno 2016 la società Suning Commerce Group Co. Ltd. (Suning yun shang jituan gufen youxian gongsi, 苏宁云商集团股份有限公司) e l’Inter hanno firmato l’accordo che ha segnato il passaggio ai cinesi della maggioranza della proprietà del club nerazzurro. L’investimento, secondo il Xinhua ribao, (新华日报) è stato di 270 milioni di euro, cifra con cui Suning, specializzata nella vendita al dettaglio di prodotti elettronici, ha acquisito il 68,55% delle quote. Un avvenimento a suo modo storico, seguito, alcuni mesi dopo, dal passaggio anche dell’altra squadra milanese, il Milan, nelle mani di investitori cinesi. Alla vicenda è stato dedicato uno studio, i cui risultati sono qui in parte riportati, con lo scopo di identificare le componenti principali del discorso mediatico sul progetto di riforma del calcio cinese in generale, e sul caso Suning-Inter in particolare[4].

Il caso Suning-Inter

Attraverso l’analisi degli articoli di commento (xinwen pinglun, 新闻评论)[5] pubblicati nel mese di giugno 2016 su una selezione di quattro testate di rilievo nazionale – una istituzionale, l’agenzia di stampa governativa Xinhua, 新华社, e tre commerciali: il quotidiano generalista Xinjingbao, 新京报, il periodico finanziario Caixin, 财新 e il periodico sportivo Titan zhoubao, 体坛周报), è possibile identificare alcuni elementi discorsivi ricorrenti sul tema.

Le voci dei commentatori cinesi appaiono generalmente in linea con il discorso istituzionale sull’argomento, il che non sorprende vista l’origine politica del progetto calcistico cinese e il controllo che ancora vige sul sistema mediatico, soprattutto su temi politicamente strategici[6]. Dall’esame del corpus selezionato emergono quattro aree tematiche principali del discorso mediatico sul caso Suning-Inter: commerciale, interculturale, sportiva, politica.

La prima si sviluppa in riflessioni, pubblicate trasversalmente dalle diverse testate, che riguardano gli aspetti prettamente finanziari dell’operazione. L’interesse si concentra sui benefici commerciali per l’azienda cinese e sull’importanza dell’iniziativa  per la strategia di internazionalizzazione di Suning. Oltre ai vantaggi per la singola azienda (dalla diffusione del marchio al miglioramento della sua notorietà internazionale), si sottolineano le ricadute positive sull’intero sistema dello sport cinese, viste le “enormi potenzialità” (juda qianli, 巨大潜力) del mercato sportivo e calcistico nazionale. Di converso, non manca chi sottolinea la presenza di elementi di rischio, nel caso in cui i successi sportivi non giungano e l’Inter diventi, per Suning, una “slot-machine mangia soldi” (chi qian de laohuji, 吃钱的老虎机).

Un filone inaspettato è quello che discute gli aspetti interculturali dell’operazione. Sia Xinhua che Titan zhoubao sottolineano che il grado di “fusione culturale e ideale” (wenhua, linian de ronghe, 文化、理念的融合) tra gli investitori cinesi e gli storici componenti del club italiano è una condizione fondamentale per il successo del club. Suning, sottolineano questi commentatori, dovrà adattarsi alla cultura italiana, ma allo stesso tempo potrà trasmettere la propria cultura aziendale alla squadra.

Poche, invece, sono le riflessioni di stampo prettamente sportivo. Xinhua scrive che degli scambi tra Inter e Suning beneficerà anche il Jiangsu Suning, la squadra cinese già di proprietà dell’azienda, mentre un commento del Titan zhoubao sottolinea i vantaggi che deriveranno dal contatto e dagli scambi con atleti e squadre internazionali.

Il tema che emerge con maggiore chiarezza dai testi esaminati è la tendenza a interpretare il successo calcistico come manifestazione del successo nazionale. In molti olti passaggi si presenta lo sviluppo del calcio come un segno di affermazione del paese e del suo patrimonio simbolico nei confronti delle potenze internazionali. Questa dimensione patriottica è ben rappresentata dal legame che viene ricorrentemente teorizzato tra il “potere di acquisto” (goumaili, 购买力) di cui ha dato prova Suning e il “potere nazionale” (guoli, 国力) che starebbe manifestando la Cina con questa acquisizione.

L’esempio più chiaro è forse quello di un commento pubblicato su Titan zhoubao in cui l’autore riflette sul fatto che, “da piccoli, i fan cinesi seguivano la serie A italiana come un bambino guarda, in vetrina, giocattoli che sa di non poter comprare”. Adesso, però, il momento del riscatto è arrivato: la Cina è diventata adulta e “quei giocattoli che prima sembravano inarrivabili” ora sono alla portata del suo portafogli. Secondo l’autore, grazie all’aumento del potere economico del paese, i fan cinesi non si sentono più subalterni alle potenze calcistiche europee, ma sono passati a una “visione razionale”. In questa narrazione, la capacità di acquisto di Suning incarna quella di un intero paese, e il suo potere in senso lato. In tal modo la Cina è in grado di esercitare un maggiore “potere discorsivo” (huayu quan, 话语权) nel mondo del pallone.

 

Potere d’acquisto, potere nazionale

Dal caso studio emerge una stampa cinese quasi unanime nel sottolineare la bontà dell’operazione conclusa nel giugno 2016 e in linea con il discorso ufficiale sullo sviluppo del calcio. Più di tutti, vanno in questa direzione i commenti che, riprendendo esplicitamente la retorica del “sogno cinese” di Xi Jinping di una Cina ricca e forte capace di riscattarsi dal passato predominio europeo, descrivono l’acquisizione dell’Inter come il simbolo di una rivincita non solo calcistica.

Evidente è lo stretto legame tra gli obiettivi commerciali e quelli politici del piano di globalizzazione del calcio cinese: il successo di un’azienda privata a capitale cinese viene presentato come il successo di un intero paese; la “conquista” finanziaria di una squadra di calcio europea, una mossa commerciale che risponde agli appelli delle istituzioni, diventa un momento di riscatto di tutti i cinesi da un passato inglorioso.

Il sogno di Xi Jinping è di sviluppare un’industria con grandi potenzialità, facendo di questo sport, al contempo, uno strumento di potenziamento del soft power cinese all’estero (attraverso la diffusione dei marchi nazionali) e di consolidamento del consenso all’interno. Come afferma Susan Brownell, il successo nel calcio riguarda ben più che lo sport. In gioco c’è soprattutto la legittimità del Partito. Il calcolo della leadership cinese è che un’opinione pubblica rinforzata nei propri sentimenti patriottici dai successi finanziari del paese sarà più disponibile a sostenere il progetto politico del Pcc.

Il 14 marzo 2017 si è tenuto il convegno “La Cina e il calcio globale: il caso Inter. Aspetti culturali ed economici”, organizzato dall’Istituto Confucio e dal Contemporary Asia Research Centre dell’Università degli Studi di Milano, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Mediazione linguistica e di Studi interculturali. Partendo dal caso Inter-Suning, relatori provenienti dal mondo istituzionale, sportivo, giornalistico e accademico hanno discusso dell’ingresso della Cina nel calcio globale, con una testimonianza diretta dello stesso club milanese fornita dall’ex capitano Javier Zanetti, oggi Vicepresidente della società calcistica milanese. (Immagine: Emma Lupano)

[1] Susan Brownell, Training the Body for China. Sports in the Moral Order of the People’s Republic (Chicago: University of Chicago Press, 1995); Anne-Marie Brady, “The Beijing Olympics as a campaign of mass distraction”, The China Quarterly 197 (2009): 1-24.

[2] Tien-Chin Tan et al., “Xi Jinping World Cup Dreams: From a Major Sports Country to a World Sports Power”, The International Journal of History of Sport 33 (2016) 12: 1449-65.

[3] Alessandra C. Lavagnino e Bettina Mottura, Cina e modernità. Cultura e istituzioni dalle Guerre dell’oppio a oggi (Roma: Carocci, 2016); Politica, società e cultura di una Cina in ascesa. L’amministrazione Xi Jinping al suo primo mandato, a cura di Marina Miranda (Roma: Carocci, 2016).

[4] Tale studio inaugura e si inserisce in un più ampio progetto di ricerca sul calcio cinese avviato presso il Dipartimento di Scienze della mediazione linguistica e di studi interculturali dell’Università degli Studi di Milano. Il primo frutto del progetto di ricerca è il contributo di chi scrive: “Il sogno cinese del pallone. Da 购买力 a 国力 nel caso Inter-Suning”, in Wenxin. Scritti in onore di Alessandra C. Lavagnino, a cura di Clara Bulfoni, Emma Lupano e Bettina Mottura (Milano: Franco Angeli in corso di stampa).

[5] Il commento giornalistico è stato riconosciuto come un genere della stampa cinese particolarmente importante e innovativo a partire dalla seconda metà degli anni Novanta. Cfr. Zhao Zhenxiang, Xinwen pinglun xue (Studio del commento giornalistico) (Beijing: Jiuzhou chubanshe, 2012).

[6] Doug Young, The Party Line. How the Media Dictates Public Opinion in Modern China (Singapore: John Wiley & Sons Singapore Pte, 2013); Daniela Stockmann, Media Commercialization and Authoritarian Rule in China (Cambridge: Cambridge University Press, 2013).

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