Aumentare la fiducia e la soddisfazione dell’opinione pubblica nelle attività di polizia attraverso un victim-centred approach: un progetto pilota in Kosovo

Lo scopo dei programmi di riforma del settore della sicurezza (Security Sector Reform, SSR) nei paesi in via di sviluppo rimane principalmente quello di sviluppare istituzioni di sicurezza responsabili, in linea con i principi dello stato di diritto (rule of law) e del controllo governativo, nonché con il rispetto dei codici di condotta internazionali e delle norme in materia di diritti umani. Mentre le forze armate e le agenzie di intelligence il più delle volte non hanno pressoché alcuna interazione con i civili, per le forze di polizia la questione è diversa: data la natura del loro lavoro, i contatti con i civili sono quotidiani. Non solo, investigazioni, sicurezza pubblica e prevenzione del crimine dipendono in larga parte dall’esistenza e dalla qualità di tali interazioni. Soprattutto quando si segue un approccio incentrato sulle comunità (community-centred approach), il successo in questi ambiti è misurato proprio dalla capacità degli agenti di polizia di costruire relazioni con i membri delle comunità stesse, i quali, specularmente, si sentono sicuri di potersi rivolgere alla polizia in caso di necessità.

In questo senso, la fiducia accordata dai cittadini alle istituzioni di polizia rappresenta un indicatore della professionalità e dell’affidabilità del corpo poliziesco, nonché della sua capacità di comprendere le preoccupazioni delle comunità. La fiducia dei cittadini è misurata attraverso sondaggi pubblici sulle idee e le percezioni della popolazione rispetto al comportamento della polizia, all’equità di trattamento, al livello di coinvolgimento della comunità, all’allineamento con i valori e le norme locali e alla capacità di affrontare la criminalità. Studi effettuati in paesi come Regno Unito, Stati Uniti e Svezia hanno dimostrato che le percezioni dei cittadini in merito alle istituzioni di polizia influisce direttamente sulle capacità di queste ultime di svolgere in modo efficace le loro mansioni e di mantenere un’adeguata consapevolezza delle principali minacce alla sicurezza delle comunità locali. Inoltre, i casi in cui i servizi forniti a diverse tipologie di vittime sono stati migliorati hanno riportato effetti positivi sul più generale livello di fiducia nel lavoro della polizia. Ciò è particolarmente vero nei paesi che hanno attraversato conflitti, violenze e disordini politici, dove le forze di polizia sono spesso associate al potere dominante e a chi ha commesso atrocità e gravi violazioni dei diritti umani. Come già anticipato, la ricerca in questo campo ha dimostrato che le misure adottate dalle istituzioni di polizia per migliorare i servizi alle vittime di reato possono influire sulla percezione che i cittadini hanno della polizia e, a loro volta, aumentare il livello di fiducia dell’opinione pubblica. Quando le vittime ricevono un trattamento equo e adeguato, così come quando sono tenute regolarmente informate e aggiornate dalla polizia, infatti, la loro soddisfazione nei confronti dell’istituzione di sicurezza aumenta. È inoltre più probabile che si esprimano in modo positivo sulla polizia quando familiari e amici chiedono informazioni e commenti sul servizio ricevuto, innescando un effetto domino che avrà un impatto positivo sul livello generale di fiducia.

A partire da queste osservazioni, la Missione OSCE in Kosovo (OMiK) ha avviato nel 2016 il progetto pilota “Confidence and Satisfaction in the Kosovo Police (KP)” con l’obiettivo di aumentare la soddisfazione e la fiducia dei membri della comunità verso il corpo di polizia kosovaro nel comune di Ferizaj/Uroševac. Il progetto rientrava in un più ampio programma di rafforzamento delle capacità attuato da diverse organizzazioni internazionali e ha trovato la sua raison d’être nella Strategia e nel Piano d’azione di polizia comunitaria del 2012-2016 che, infatti, faceva esplicito riferimento a un “crescente livello di fiducia del pubblico nella polizia kosovara” e prevedeva ulteriori sforzi per realizzare progetti simili in altre aree del Kosovo.

Il progetto della Missione OSCE è stato divise in due fasi distinte. La prima si basava su una serie di workshop e attività formative per funzionari di polizia della stazione di Ferizaj/Uroševac sui principali fattori di fiducia e sull’approccio incentrato sulla vittima (victim-centred approach). Queste iniziative avevano il fine ultimo di cambiare la mentalità istituzionale dei funzionari di polizia nel trattare le vittime e di creare procedure operative standard (standard operations procedures, SOPs) e strumenti informativi come la cosiddetta “carta della vittima” e opuscoli sulla prevenzione del crimine.

Il victim package utilizzato nella Missione OSCE. Fonte: Giuseppe Lettieri

La seconda fase del progetto è servita invece a misurare le prestazioni e l’efficacia delle procedure operative standard e dei nuovi strumenti attraverso un’indagine semestrale basata su una metodologia mista quantitativa e qualitativa. La stazione di polizia di Gjilan/Gnjilane è stata considerata come “sito di controllo” per valutare possibili miglioramenti dei livelli di soddisfazione delle vittime rispetto ai risultati raccolti a Ferizaj/Uroševac. Per ogni località, 120 persone sono state intervistate attraverso un questionario semi-strutturato (16 domande a scelta multipla e una a risposta aperta) su quattro diverse topologie di reato (furto, rapina, incidenti stradali e lesioni personali). Tre domande aggiuntive, una a risposta aperta e due a scelta multipla, sono state aggiunte esclusivamente per gli intervistati di Ferizaj/Uroševac per quanto riguarda i servizi dedicati alle vittime. Gli intervistati sono stati selezionati da un elenco di vittime fornito ogni settimana dalle due stazioni, cercando, ove possibile, di tener conto sia dell’equilibrio etnico e di genere, sia della collocazione geografica dei reati in base all’area di responsabilità delle stazioni (se in città o in uno dei villaggi). Vale la pena anche menzionare che il numero di interviste per ogni tipo di reato è stato concordato con la stazione di Ferizaj/Uroševac e che le due stazioni hanno un organigramma e una composizione simile.

Il Kosovo rappresenta un buon esempio di società post-conflitto in cui le istituzioni governative nazionali e quelle di sicurezza hanno intrapreso un processo di riforma democratica, soprattutto per quanto riguarda la polizia kosovara. Gli studi condotti dai centri di ricerca locali hanno evidenziato risultati positivi sul livello di fiducia delle comunità nei confronti della polizia locale. Nondimeno, il progetto della Missione OSCE ha dimostrato che si possono ottenere risultati ancora migliori adottando un approccio incentrato sulle vittime.

Esaminando i dati statistici, appare chiaro che le vittime dell’area di Ferizaj/Uroševac hanno una maggiore consapevolezza dei loro diritti, una migliore comprensione del lavoro e delle procedure della polizia e una più dettagliata conoscenza dei casi e dei crimini (numero del caso, ufficio responsabile, misure di prevenzione del crimine e procedure di follow-up).

Inoltre, anche se si prendono in considerazione le prestazioni degli agenti e le loro visite alle vittime entro i primi sette giorni dalla denuncia del reato, gli ufficiali del corpo di polizia kosovaro di Ferizaj/Uroševac sembrano operare meglio.

Analizzando i livelli di soddisfazione, le vittime di entrambe le aree risultano essere molto più soddisfatte dei tempi di reazione della polizia, del comportamento degli agenti e investigatori, del modo in cui la questione è stata trattata e del servizio ricevuto nel complesso. Tuttavia, è stato registrato un numero maggiore di risposte da parte di cittadini “molto soddisfatti” tra le vittime di Ferizaj/Uroševac e, in generale, una percentuale maggiore di risposte positive. I dati sono stati anche disaggregati per sesso ed etnia, registrando risultanti simili alla tendenza generale appena descritta.

Il victim-centred approach ha quindi ottenuto risultati positivi nel corso della sua attuazione e rispetto al settore in cui non sono state intraprese azioni. Un’analisi supplementare condotta in modo parallelo a quella sulla soddisfazione delle vittime ha inoltre dimostrato che i livelli di fiducia nei confronti della polizia kosovara sono più elevati nell’area di Ferizaj/Uroševac rispetto a quelli di Gjilan/Gnjilane. Tuttavia, entrambi gli studi dovrebbero essere ripetuti in un arco temporale specifico, con un successivo confronto dei risultati, per dimostrare l’esistenza di correlazioni significative tra l’approccio incentrato sulle vittime e i livelli di soddisfazione e fiducia.

Il processo di riforma delle istituzioni di polizia rimane attualmente uno dei pilastri principali dei programmi di SSR e una pietra miliare per la promozione dello stato di diritto e della governance democratica in un contesto post-conflittuale. Prima e durante un conflitto, le istituzioni di polizia agiscono spesso a sostegno e a protezione del potere politico dominante (il cosiddetto “regime di polizia”), garantendone gli interessi e tenendo sotto controllo la popolazione piuttosto che proteggere i cittadini e le comunità. In tale circostanza, i programmi di SSR possono rappresentare una svolta verso un modello di polizia riformato in senso democratico – un modello cioè in cui la polizia è responsabile nei confronti della legge, protegge gli individui, aderisce al concetto di controllo civile democratico, rispetta gli standard internazionali in materia di diritti umani e aderisce alle migliori pratiche di polizia.

Il più delle volte, queste riforme avvengono all’interno della stessa istituzione di polizia che stabilisce codici di condotta, manuali di servizio, procedure operative standard e si impegna al miglioramento delle competenze di agenti, investigatori e supervisori. Spesso le prestazioni degli agenti e delle unità sono valutate internamente, basandosi sull’idea che se le forze di polizia sono adeguatamente formate e applicano professionalmente la legge, i cittadini saranno più soddisfatti e le loro preoccupazioni affrontate in modo più efficace.

Nella cornice dei programmi di SSR, l’approccio incentrato sulle vittime non solo modifica il modo in cui le istituzioni di polizia valutano la loro capacità di rispondere alle esigenze e preoccupazioni dei cittadini, ma soprattutto sposta l’attenzione di queste valutazioni dalla polizia alle vittime. Attraverso i colloqui con le vittime, le istituzioni possono identificare i difetti e le carenze delle proprie operazioni quotidiane e risolverli, aumentando il livello di fiducia dei cittadini. Questo approccio – che include anche indagini ex post sulla soddisfazione e la fiducia dei cittadini – influisce poi in modo indiretto ma positivo sulla buona riuscita dei programmi di SSR. Una volta che si ottengono i risultati delle indagini, gli attori che mettono in atto il programma di SSR possono contare su tali informazioni per rafforzare le loro capacità analitiche e quindi perfezionare gli interventi futuri. Le risorse dei finanziatori internazionali e le azioni che ne derivano possono quindi essere adattati in modo più efficace ed efficiente ad affrontare le attuali carenze e rispondere alle esigenze specifiche di determinate istituzioni di polizia.

Tutti i riferimenti al Kosovo presenti nell’articolo vanno intesi nel pieno rispetto della risoluzione S/RES/1244 (1999).

 

Tutti i contenuti, i punti di vista, le opinioni, i risultati, le interpretazioni e le conclusioni qui espresse sono quelli degli autori e non riflettono necessariamente la posizione ufficiale dell’OSCE e/o degli stati membri e/o dell’UNMIK.

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